Appunti sui "Senza Tempo" di Lorenzo Davia: collaboratore freelance per le webzine "Gatehouse Gazette"; "Doctor Fantastique's Show of Wonders"; "Fantasy Magazine"; "Horror Magazine"; Edizioni Scudo.
Monostatos è un Senza-Tempo, negromante capace di piegare e modificare il Tempo a sua volontà . Dopo aver dormito per secoli, si risveglia nello scantinato di una scuola e inizia a nutrirsi degli scolaretti ivi presenti. Solo tre di loro si salvano, il biondo Rommel, in nerd Daniele e Nausicaa. Nel resto del romanzo seguiamo a distanza di decenni la piega che ha preso la vita dei tre superstiti, e il loro incontro finale con Monostatos.
Seguono spoilers.
Le vicende dei quattro personaggi principali (oltre ai tre superstiti c'è anche una fotografa di guerra che ha fatto carriera documentando la strage alla scuola), assieme a quelle di una manciata di comprimari, sono sufficienti per toccare un buon numero di tematiche, dalla rapacità dei giornalisti ai giovani disoccupati passando per il voyeurismo e il destino dell’università . Forse anche troppo per un romanzo solo, e infatti talvolta sorge la curiosità (non soddisfatta) di approfondire certe tematiche.
Non nascondo che tifavo per Monostatos. Sebbene sia “brutto, sporco e cattivo”, almeno è puro, nel senso che non è stato contaminato dal mondo moderno, come lo sono state le vite dei tre superstiti o gli altri senza-tempo. A modo suo è portatore coerente di un’estetica e di uno stile di vita che prevalgono su quelli moderni, o meglio sulla loro assenza. Non che faccia molto, a parte mangiare e defecare: il suo unico interesse è vivere, consumando i giovani e le risorse energetiche del mondo, ma siamo forse noi, come società , diversi?
Il modo in cui Monostatos distorce la realtà trasformando gli oggetti nelle loro versioni storiche precedenti si avvicina alla riflessione steampunk sulla tecnologia moderna, vista come semplice cosmetica applicata a strumenti i cui usi sono alla fine sempre gli stessi e decisi sempre dalle stesse persone.
Veniamo alle note negative.
Il romanzo è breve. Non mi faccio ingannare dal fatto che racconti precedenti dell’autore sono stati retconnessi con I Senza-Tempo: il romanzo finisce appena a pagina 119, seguito da altri racconti dell’autore (e da altri due racconti).
Le atrocità commesse da Monostatos sono numerose, ma non hanno un grande impatto sul lettore; ad esempio, Monostatos spezza il collo di una bambina e la cosa viene risolta con una riga abbastanza neutra. Le sue vittime vanno e vengono tanto rapidamente e muoiono in maniera talmente anonima che non c’è tempo per sviluppare alcuna empatia con loro. Uno dei protagonisti muore e sincerante non ne ho sentito la minima mancanza né il minimo dispiacere.
E, infine, certe scene d’azione (tipo l’assalto degli archiburoboti a Rommel) mi sono sembrate troppo statiche. Sarà questione di gusti.
È fantascienza? Secondo me no, anche se probabilmente nelle pieghe della fisica quantistica e tra i groppi delle superstringhe si trova qualcosa che possa giustificare l’esistenza di un Senza-Tempo. Il fatto, ribadito dall’autore, che la fisica moderna abbia molto in comune con l’antica negromanzia ci riporta al concetto che grattando la superficie del mondo moderno, le idee del passato (e i suoi personaggi) saltano sempre fuori. Di solito a questo punto la gente inizia a parlare della crisi della fantascienza moderna e a lamentarsi della pubblicazione di questo romanzo su Urania. Io, più modestamente, alzo le spalle e me ne frego. In fondo i costrutti cadaverici di Monostatos non sono più improbabili di AI post-umane o cunicoli spaziali, però almeno sono molto più fighi da vedere.
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