Recensione di Nino Geremicca dal blog A Casa di Odette
Non starò a disquisire se per I Senza Tempo (che ha vinto il Premio Urania e il Premio Kipple nello stesso giorno!) si possa parlare di fantascienza, o di fantasy o di horror; se nel libro ci sarebbe una non tanto velata critica alla società moderna; se il linguaggio barocco (alternato a quello contemporaneo, a seconda dei personaggi) usato da Alessandro sia una novità nel panorama della scrittura italiana, ecc. ecc.. Chi conosce Forlani di tutte queste cose un'idea se l'è fatta già .
D'altra parte, come sono uso fare, vi devo rimandare a una recensione seria che dica tutto quello che c'è da sapere sul libro. Ma poiché le recensioni sono state tantissime, tutte interessanti e, sicuramente, continueranno anche nei prossimi giorni, in questo caso ne citerò solamente una (quella di Davide Mana, e non me ne vogliano gli altri: è quella che si avvicina di più al mio concetto di recensione) e vi rimando al label "recensioni" del blog di Alessandro, in cui troverete tutte le altre.
Allora di che vi devo parlare io, se è stato detto tutto e il contrario di tutto su I Senza-Tempo? Naturalmente saranno le mie sensazioni, per che cosa mi ha preso alla pancia e non mi ha mollato per tutte le 100 pagine della storia.
Leggere I Senza Tempo mi ha fatto vivere una claustrofobia temporale. Quel mondo,disarcionato e impazzito, alla deriva, mi ha messo paura. Vien voglia di scappare dalla storia, di rifugiarsi nella normalità quotidiana che viviamo. In certi momenti la narrazione arriva a raccontare episodi abominevoli, da puro horror.
E invece poi mi sono accorto che è una fiaba che dice a chiare lettere che l'abominio dei senza-tempo è, purtroppo e spesso, l'abominio di chi regge di nascosto le sorti del nostro mondo, di chi manovra i fili dell'economia, della politica dei nostri giorni. Gli altri senza-tempo che vivono mimetizzati e che non vogliono mostrarsi apertamente (a differenza di Monostatos) per quel che realmente sono, lo fanno proprio per poter continuare ad agire indisturbati. E forse che chi, nella nostra realtà , vuol governare dietro le quinte non si nasconde dietro il buonismo (o lo splatter) dei nostri programmi televisivi? Essere inondati di menzogne ben mascherate da informazione giornalistica non fa forse parte della nostra quotidianità , al punto che ne siamo assuefatti e non sappiamo (o vogliamo?) discernere più qual'è la verità e qual'è la menzogna?
Mi sono detto, durante la lettura, che quel tempo non è il mio tempo e che quella storia è solo un romanzo di fantasia, quanto meno per non soffocare nel miasma dei corpi morti e fatti a pezzi, ingurgitati (... un automa servì (a Monostatos) su un piatto il tubo carnoso di un intestino umano. Il vecchio lo sgranò fra le dita, succhiò).
E spero che non lo diventi mai; anche se si cambia, personalmente e insieme.
Si cambia per convenienza, per costrizione, per ineluttabilità delle cose. È proprio un altro dei personaggi, Iron, che era un duro, a spiattellarci davanti la realtà : Lui (Rommel) con l'elmetto calzato in testa, tira dritto tutti i giorni nel suo casino. Noi facciamo finta che questo mondo non vada alla rovina, ci imboschiamo allo schifo. Io portavo una croce rovesciata, spaccavo i culi, ero un'anima nera: l'anno prossimo mi sposo in chiesa, seguo i corsi per i fidanzati e la lista nozze l'ho fatta all'Iper. Tu ti strafogavi di tutto, non prendevi mai niente sul serio: adesso ti depili, ti spalmi di correttore. ... Tu e io ci pisciamo nelle mutande, non lui.
Forse che la salvezza verrà a noi dalla follia? Il mondo che abitiamo ha bisogno di più follia, di più immaginazione? Così come nel libro c'è Rommel, ragazzo autistico, che sferra il suo attacco con armi della seconda guerra mondiale e che costruisce, quasi fosse un lavoro di decoupage e modellismo, un panzer a partire da una semplice macchina cingolata? Lui che vorrebbe sconfiggere con queste armi improvvisate gli invincibili archiburobuti, automi di ossa umane smaltate, con giunture di caucciù e d'ottone; il cervello si consumava nel cranio, scoperchiato a braciere, nella fiamma grigioscuro di un gas che sfiatava da cannule avvitate all'occipitale. Carpi, metacarpi e falangi ... in parte sostituite da iniettori e coltelli. Pare di leggere ancora di Don Chisciotte. Ma in questo caso Don Chisciotte... non vi posso svelare il finale, è contro ogni regola del saggio lettore.
Detto tutto ciò, alla fine della lettura ho tirato un sospiro di sollievo: mi è sembrato di uscire dallo stato di claustrofobia temporale in cui mi ero calato; anche se devo ammettere di aver cominciato a guardare tante cose attorno a me con occhi diversi.
Comunque, non abbiate paura, non lasciatevi trascinare dai miei rigurgiti da intellettuale sinistrorso che vorrebbe sferzare il mondo e i suoi costumi: I Senza-Tempo è anzitutto un buon libro, che si legge alla svelta e che fa (anche) riflettere, ma solo se lo volete. Altrimenti godetevi una lettura spensierata e lasciatevi trascinare da una storia come si deve!
Voto: 8
P.S.: lo so', sono un precisino di quelli che fa imbestialire tanti bravi blogger, ma una una domanda (malignetta) per Alessandro e il suo editore ce l'ho: perché il nome del personaggio Clara nell'indice diventa Chiara? ah, non ci sono più i correttori di bozze di una volta!