Recensione
di Francesco La Manno dal sito Italian
Sword & Sorcery
L’eta
del bronzo si è diffusa in tutto il Vicino Oriente a partire dal III
Millennio ed è terminata nel XII secolo a.C.[1].
Quest'epoca ha comportato guerre, invasioni, crisi economiche ma
anche relazioni commerciali, diplomatiche e culturali tra i vari
popoli di questi territori. La metallurgia del bronzo ha consentito
alle civiltà della Mesopotamia, dell'Egitto, dell'Iran e
dell’Asia Minore di acquisire ricchezza e di emergere rispetto alle
altre[2].
In
tale contesto si collocano le vicende di Arabrab
di Anubi,
romanzo sword and sorcery di Alessandro Forlani, pubblicato da Watson
all'interno della collana Truefantasy, curata da Alessandro Iascy e
Alfonso Zarbo.
La
protagonista, allevata come un uomo, abile nell'arte della guerra e
del combattimento corpo a corpo, è la figlia di Menses l'Imperituro,
faraone dell’antico Egitto. Costui le ordina in maniera perentoria
di sposare Mereu, principe degli Shardana, in modo da sancire
un’alleanza formale con questo popolo di avventurieri.
Arabrab,
inizialmente riluttante alla richiesta del padre, finisce con
l’accettare la triste sorte occorsagli ma, durante la traversata in
mare, la sua nave viene attaccata da un'imbarcazione il cui
equipaggio è composto da mummie e altre creature mostruose, che la
rapiscono. Da questo momento in avanti, il suo destino muta
radicalmente. Come in ogni opera di narrativa fantasy che si
rispetti, anche in questo romanzo è presente il classico schema di
avventura dell’eroe (o meglio dell’eroina).
Anzitutto,
Menetepre chiede ad Arabrab di diventare un'assassina devota al dio
Anubi e pertanto, qui, possiamo riscontrare l’appello, la chiamata
a intraprendere un cammino che la condurrà in un mondo
sconosciuto[3].
In
secondo luogo, interviene lo stesso stregone in qualità di
protettore che fornisce alla guerriera un aiuto magico per
consentirle di varcare la soglia[4] del
mondo tangibile attraverso la navigazione verticale.
Mi
preme evidenziare che tale espediente era già stato utilizzato da
Alessandro Forlani in Xpo
Ferens[5].
In
terzo luogo, in ossequio al concetto di rinascita dell'eroe[6],
Arabrab viene considerata morta dai suoi cari per cominciare un nuovo
cammino che la condurrà a seguire un intenso addestramento marziale
e religioso.
In quarto luogo, dopo aver affrontato una serie di ardue
prove[7],
grazie all'aiuto e ai consigli da parte di Menetepre, l’eroina
diventerà il braccio armato di Anubi e le verranno assegnati l'arco,
la falce e l'amuleto consacrati al Dio Sciacallo.
Infine,
dopo aver concluso egregiamente questo percorso spirituale, potrà
tornare sulla Terra con i doni[8] ricevuti
tra cui un'abilità unica nel combattimento, poteri magici e
l'immortalità. Le fonti mitologiche e di storia delle
religioni vengono utilizzate sapientemente da Alessandro Forlani, che
dimostra di aver effettuato un accurato lavoro di ricerca, dato che è
riuscito a inserire culti, leggende e folclore di diversa e variegata
natura con una maestria che mi ha ricordato Roger Zelazny.
In
prima battuta, è evidente che il primo approccio che ha il lettore è
quello con l'antica religione egizia, la quale fa da colonna
portante al romanzo.
Anubi,
nume a cui è devota Arabrab, è una divinità preposta alla cura dei
morti, alla veglia dei riti funebri e al viaggio verso l’altro
mondo[9].
Anche se viene definito Dio Sciacallo, questo animale non era
presente all'epoca dell’antico Egitto[10].
Viene raffigurato con il corpo umano e la testa simile a quella di un
cane randagio, di un lupo dalle grandi orecchie appuntite e il muso
affilato[11].
Nella tradizione Anubi era uno psicopompo che rappresentava a livello
simbolico il viaggio del defunto sino all'immortalità[12].
Volgendo
lo sguardo al versante mediterraneo, vi sono la mitologia greca e
romana.
Ci viene raccontata una vicenda nel quale è presente Enea,
fondatore di Roma; mentre in un’altra occasione abbiamo a che fare
con il Minotauro, famigerato mostro dal corpo umano e dalla testa
bovina, nato dalla concupiscenza di Pasifae con il toro bianco di
Poseidone e ucciso da Teseo grazie al filo di Arianna[13].
In un altro episodio incontriamo invece Eufemo, eroe degli Argonauti
e Orfeo, figlio di Calliope e di Eagro, disceso nell'Ade per amore di
Euridice, ucciso e fatto a pezzi dalle Menadi[14]. Il
mondo sotterraneo costituisce un altro elemento amato dall'Autore in
quanto diverse imprese di Arabrab si svolgono proprio nelle
profondità telluriche.
Al
riguardo possiamo citare la richiesta di aiuto giunta all'eroina da
parte della regina dei Rasenna e da Lorth Velcha, per porre fine a
una serie di omicidi realizzati allo scopo di offrire pesanti tributi
di sangue al dio Charu. La guerriera si troverà a discendere
l’abisso e avventurarsi in una tetra necropoli per affrontare
questa divinità, incarnatasi nel corpo di una bambina mediante
possessione demoniaca. Parimenti, Arabrab si vedrà nella stessa
situazione durante la sua meditazione nello Jutland, costretta suo
malgrado a combattere contro creature mefitiche.
La tradizione
considera la discesa nell'universo ctonio come una morte dal mondo
profano e un'iniziazione, una seconda nascita[15].
La catabasi non deve essere confusa con la dipartita funeraria. A
questo concetto si lega anche quello del labirinto, inteso come luogo
sconosciuto dove non tutti possono accedere ma solo coloro che
vengono considerati degni e capaci pertanto di oltrepassare le
avversità che gli si parano dinanzi[16].
Un
ulteriore aspetto che caratterizza il romanzo in discussione è la
presenza di numerosi richiami ai Miti di Cthulhu di H.P.
Lovecraft [17].
In svariate circostanze ci pare che Arabrab possa perdere la propria
sanità mentale di fronte ad alcune creature repellenti e a luoghi
alieni:
“erano
immagini di altri mondi di immense e perfide entità incorporee, che
si innalzarono con cupidigia ai vasti spazi siderali. Molti mondi di
creature e brama immonda dei loro spiriti, si ammantarono di
ferro per navigare nel vasto vuoto. Quelle fredde intelligenze
consustanziarono in ingranaggi, quell'implacabile psicofame fu un
appetito di cose e corpi. La caduta in una valle percorsa fertile da
un grande fiume; genti feroci le si prostrarono: è l’involucro di
un dio! I sacerdoti le si immolarono: quelle maschere di elefanti;
scambiarne carni ed il sangue e l’ossa con frattaglie di metallo.
Aprì il suo corpo, li ingurgitò: pascersi e vivere dentro ognuno.
Razzie rapaci ecatombi e stragi per milioni di…”[18]
E
ancora:
“Erano
pesci che camminavano, uomini gobbi deformi orrendi con lunghe
braccia ed enormi mani inanellate di ventose, e gli occhi neri
rigonfi vacui in grosse teste di delfino. Lacrimavano, sbavavano,
singhiozzavano sofferenti: erano chini sotto un ombrello di elettro
ed osso che un cerusico dissennato aveva loro innestato al dorso, e
suturato con crudeltà di fil di rame e capelli umani. Arrancarono
nel marcio e frugarono il relitto, si attardarono sui cadaveri, le
sembrarono contrariati; abbandonarono nel fango i corpi ed esitarono
sguardo al niente.”[19]
Tuttavia
la guerriera, dotata di una tempra d’acciaio e protetta
dall'amuleto di Anubi, anche se con grandi difficoltà, riesce sempre
a mantenere la propria presenza di spirito.
Alessandro
Forlani, nonostante abbia fornito al romanzo una serie di elementi
che possano inquadrarlo come sword
and sorcery,
pare voler mischiare le carte per sorprenderci con svariati colpi di
scena. L’Autore ci presenta alcune circostanze in cui il mito, la
leggenda, la magia pare confondersi in maniera perfetta con la
scienza e a fornire differenti risposte al senso della vita e della
natura umana. Taluni critici chiamano questo genere bronzepunk.
Nella
fattispecie, durante una battaglia con una tribù di Arii, l’esercito
egizio e Arabrab risultano imbelli al cospetto dei vimana, ovvero dei
dischi volanti di cui viene fatta espressa menzione in alcuni passi
del Mahābhārata e
del Ramayana.
Questi velivoli di grosse dimensioni sono dotati di armi tese a
esplodere laser mortiferi. Peraltro all'interno di essi si possono
osservare elefanti in parte animali e in parte cibernetici, dotati di
intelligenza e versati nell'ingegneria genetica.
Ma non solo. Abbiamo
anche una teoria alternativa sulla creazione umana, opposta a quella
cattolica, posta in essere da creature preadamitiche in un'epoca
antecedente al diluvio. Costoro sono a conoscenza di una tecnologia
talmente avanzata da riuscire a utilizzare radioquanti idonei a
interrompere la sospensione del continuum materia
tempo.
Concludo
affermando che Arabrab
di Anubi è
un romanzo che si colloca al vertice delle opere di narrativa
dell’immaginario, poiché Alessandro Forlani è un fuoriclasse
assoluto che riesce a condurci in quel mondo onirico tanto lontano
dal tangibile quanto agognato dai lettori.
[1] Cfr.
Fernand Braudel, Memorie
del Mediterraneo,
Bompiani, Milano, 2016, p. 129.
[2] Cfr.
Fernand Braudel, op.
cit.,
p. 130.
[3] Cfr.
Joseph Campbell, L’eroe
dei mille volti,
Lindau, Torino, 2012, p. 64.
[4] Cfr.
Joseph Campbell, op.
cit.,
p. 94.
[5] Cfr.
Alessandro Forlani, Xpo
Ferens,
Acheron Books, 2017.
[6] Joseph
Campbell, op.
cit.,
p. 109.
[7] Joseph
Campbell, op.
cit.,
p. 117.
[8] Joseph
Campbell, op.
cit.,
p. 233.
[9] Jean
Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario
dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori,
numeri,
BUR RIZZOLI, 2016, Milano, p. 901.
[10] Ibidem.
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.
[13] Robert
Graves, I
miti greci,
Longanesi, Milano, 2005, p. 265.
[14] Robert
Graves, op.
cit.,
p. 99.
[15] René
Guénon, Simboli
della scienza sacra,
Adelphi, Milano, 2015, p. 178.
[16] René
Guénon, op.
cit.,
p. 180.
[17] Howard
Phillips Lovecraft, Tutti
i romanzi e i racconti. Ediz. Integrale,
a cura di Sebastiano Fusco e Gianfranco de Turris, Roma, 2011.
[18] Alessandro
Forlani, Arabrab
di Anubi,
Watson, Roma, 2017, edizione digitale.
[19] Alessandro
Forlani, op.
cit.
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