Frammenti di Natale tradotti dallo Yuggoth


Gli autori regalano racconti. Ed ecco anche quest'anno il mio piccolo, tradizionale dono di Natale ai lettori del blog. Buone Feste, buona lettura e grazie a tutti, sempre, per essere su queste pagine.



L’albero scintillava in un angolo del soggiorno. Le luci intermittenti rosse ed oro, il riverbero del puntale e delle palle di vetro, avvolgevano la sala in un alone incantato. I pacchetti infiocchettati e sgargianti si accumulavano tutt’attorno all’abete.
Ma l’uovo strapazzato si raffreddava nel piatto, e torva e silenziosa, con i gomiti sul tavolo, Alida infilzava un pisellino alla volta.
Babbo e mamma la guardavano perplessi.
Lei non resistette, smise il muso, gettò la forchetta, si sciolse il tovagliolo e scoppiò in un pianto isterico.
La mamma la accarezzò:
«Cucciola, che cos’hai?»
«Oggi all’asilo mi hanno tutti scherzato quando ho detto che aspettavo Babbo Natale! Mi hanno detto che non esiste!»
Il babbo, tutt’intento alla cena, spruzzò sul tuorlo dell’altro ketchup e maionese:
«Che cosa vuoi ne sappiano, i tuoi compagni di classe?»
«Me l’hanno detto le maestre.»
«Ah. Sono guai…»
Alida inghiottì le lacrime, lo guardò sbigottita. La mamma la abbracciò con un’occhiata a papà. Lo calciò in uno stinco.

*

I razzi di segnalazione rischiaravano la neve: nei cerchi di luce azzurra che spandevano intorno, Loiphot scorse le forme semisepolte delle cupole da campo degli archeologi naufraghi. Il segnale di SOS crepitò nel trasmittente, spezzato all’improvviso dai gorgheggi di gioia dei membri della spedizione che scendeva a soccorrere.
Iniettò nei retrorazzi, si assestò in orizzontale: il blizzard raspava sullo scafo della navetta, la neve si ghiacciava sugli oblò, la bussola magnetica oscillava paurosamente. Loiphot tirò la cloche, si attorcigliò con la proboscide al microfono e dettò perentorio le istruzioni per il recupero:
«... e in fretta, accidenti!»
Gli archeologi sgusciarono dal rifugio avvinghiati l’uno all’altro per resistere alla tormenta, si trascinarono nel cucchiaio che li raccolse nella carlinga. Si rannicchiarono intirizziti sui sedili coi carapaci che scricchiolavano per il freddo; un robot li fornì d’icori caldi e coperte.
Loiphot tese gli occhi sui naufraghi: dalle volute e le striature sulle conchiglie indovinò che erano giovani, probabilmente studenti. Tolse annoiato gli elettro-moduli dal cruscotto:
«C’è fra voi un responsabile del campo? Mi occorrono certe firme per andarcene da questo inferno.»
Un anziano dalla peluria perlacea, con le lunghe vibrisse e l’esoscheletro bitorzoluto, strisciò da fondo scafo fra i ragazzi infreddoliti, si sciolse le fasce termiche dagli pseudopodi e glieli avvolse alla chela:
«Professor Bìlat Eukary», gorgogliò con gratitudine e cordialità, «le dobbiamo la vita.»
«Una firma sulle scartoffie, prof», Loiphot lo incalzò, «ché ancora siamo in tempo ad ammazzarci.»
La tempesta era cresciuta d’intensità, la navetta rollava, e le gelide e violente folate la impennavano ora a prora ora a poppa. A Loiphot dolevano le ventose tanto il vento lo costringeva alla cloche per mantenere l’assetto del velivolo. Nel cielo tenebroso di quel mondo inospitale il ruggito dei motori all’idrogeno sfidava l’ululato dell’uragano glaciale.
I fumogeni si spegnevano sotto la coltre, le cupole, i magazzini del campo ormai erano tumuli sparpagliati indistinguibili nell’orizzonte polare.
Loiphot trasmise alla nave-madre circa l’esito positivo della missione di soccorso e recupero, e lasciò l’elettro-modulo fra le chele del professore. Si attorcigliò con i tentacoli ai comandi e dettò al cervello elettrico le istruzioni per il rientro.
«Fermo!», Eukary fischiò «Non possiamo abbandonarlo là sotto!»; si appiattì sul finestrino della navetta a guardare disperato la distesa innevata.
Lui contò di nuovo gli archeologi nella carlinga, imprecò:
«Mi risulta che siate tutti.»
Eukary non stornava dalla vetriata.
Loiphot zoomò con l’oculare infrarosso sul perimetro del campo nelle tenebre della neve. Gli involucri anneriti delle fiaccole di emergenza circondavano un blocco di ghiaccio termo-tagliato di pressappoco cinque choz[1] di lato. All’interno s’indovinavano forme scure.
«L’unico reperto», balbettò il professore.
«Non posso agganciarlo, ci schianteremmo: il peso sbilancerebbe la nave.»
«Lei non comprende! in quel ghiaccio c’è l’unica testimonianza, l’unica, su tutti i mondi di questo sistema di stella nera, dell’esistenza di un’antica civiltà. Ho dedicato la vita agli studi su quella razza: non posso permettere che una tempesta di neve…»
Loiphot guardò ancora i ragazzi, scioccati, avvolti nelle coperte nel ventre dell’aeromobile; lesse il panico nei loro bulbi gocciolanti d’inchiostro:
«Il mio dovere è salvare lei e la sua equipe, professore. Convinca casomai il Comando: che siano loro a inviare un altro modulo per il recupero di quel ghiacciolo. Io decollo.»
Iniettò nei motori, si drizzò prora al cielo, aprì il canale col vascello in orbita e gli cedette il trasmettitore. Eukary si attaccò al microfono, scalò di ponte in ponte la gerarchia della nave e ottenne altri mezzi: Loiphot ascoltò stupefatto tenenti e capitani accontentare quell’esaltato.

*

Alida si rigirava fra le coperte, e guardava a quello scorcio di cielo che scorgeva dagli scuri socchiusi. Gemette:
«… e non si possono sbugiardare le maestre …»
La mamma grattò sull’uscio, si sedette sul letto, le baciò la fronte e gli occhi e la tenne stretta a sé:
«Perché non dormi, cucciola? Cos’è che ti fa paura?»
Lei alzò lo sguardo alla finestra, che adesso, nonostante i festoni, le ghirlande e le lampade, le appariva la soglia squallida di un universo disabitato.
Né Babbo Natale né extraterrestri né Minipony né Teletubbies:
«Ãˆ vuoto lassù.»

*

Incrociarono il rimorchiatore fra gli strati dell’atmosfera. L’aeromobile corazzato e panciuto scendeva nel cielo latteo del pianeta ghiacciato, Loiphot trasmise un segnale di «hallo!»; e i colleghi che pilotavano quel bestione, tutto benne, servo-braccia e motori, gli lampeggiarono di rimando con gli abbaglianti di prora.
«Il tempo di rientrare, di sbarcare e sterilizzarmi», Loiphot pensò, «e quello sarà tornato con il carico: voglio togliermi la soddisfazione di vedere per che cosa ho rischiato la coccia in quell’inferno di neve.»
Eukary raggiunta la nave-madre fu trattenuto dagli ufficiali: gli stringevano le chele, lo invitavano in plancia, gorgogliandogli attorno con soggezione e timore. Sciamavano i servo-robot con le ampolle d’idromele.
Loiphot condivise il discensore dagli hangar con gli studenti dell’equipe del professore. Si slacciarono le tute, le accartocciarono al macero; ai getti bollenti delle docce sterilizzanti gli organi dei ragazzi si afflosciarono rilassati. Lui distribuì con confidenza le bustine di plancton e i coralli da bagno.
L’abitacolo scendeva con i cristalli appannati, passava dalle piattaforme ai ponti e sottocoperta.
«Che ne sapete di questa storia, ragazzi?», Loiphot azzardò, «La nave incrocia sono ormai sei mesi in questo sistema all’ombra di quella nana. Nove mondi privi di vita, ghiacciati: cosa spera di trovare il vostro capo, qui?»
«C’è una favola, l’avrà sentita anche lei: di una razza intelligente ed evoluta che miliardi di anni fa avrebbe abitato presso questi pianeti.»
«Come no?», Loiphot ronzò, «Te la raccontano fin da girino.»
«Eukary è convinto che non si tratti di una leggenda. È matto, ossessionato.»
«Ãˆ demenza senile.»
«... ma è parente di non so chi in Consiglio ed ha ottenuto i necessari finanziamenti. In questi mesi la nostra squadra ha scavato presso il polo settentrionale del terzo pianeta a partire dalla nana. E abbiamo trovato… Beh, guardi là.»
Il discensore attraversò la rimessa, uno degli studenti strofinò una ventosa sul vetro offuscato dalle gocciole di condensa: in una gabbia di cristallo sterile, monitorata dagli scienziati di bordo, Loiphot vide quel blocco di ghiaccio. I robot lo attaccavano con lanciafiamme e picconi, e l’ammasso preistorico si scioglieva e spezzava svelando la cosa fossile imprigionata all’interno.
Un veicolo rosso cupo scoperto, di legno, su pattini di acciaio, era trainato dagli scheletri intatti di nove creature cornute e quadrupedi. Alla guida del veicolo c’erano i resti di un bipede, con altrettante appendici, dalla candida peluria ed una tuta scarlatta. Sul retro del veicolo, forse il bagagliaio, c’era un fagotto di tessuto vegetale che tracimava di intraducibili suppellettili.
«Che genere di mostro è?»
«Forse l’unico essere evoluto e intelligente che abbia mai messo piede su quel pianeta defunto.»
«Non m’intendo di archeologia: non è un po' poco, per provare le teorie del professore?»
«Non è nulla, altroché: deve trattarsi di un alieno naufragato che ha fatto la fine che abbiamo rischiato di fare noi», azzardò uno studente scrollandosi nella conchiglia; stese gli occhi ai finestroni sullo scafo dell’astronave, «Bisogna mettersi il cuore in pace: è vuoto lassù; gli umani lo sanno tutti, che non sono mai esistiti.»




[1] Unità di misura yuggoth: Un choz corrisponde a 118 cm umani

Alessandro Forlani

sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere in questo modo.

13 commenti:

  1. Davvero un bel pensiero. Grazie Alessandro. Sono felice di essere uno dei tuoi lettori.

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  2. gli alieni crostacei sono decisamente pucciosi ^___^

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  3. Grazie! E ricordati che c'è pure la befana! (facciatosta)

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    1. Anno nuovo, romanzo nuovo Signora. Il progetto che ho in mente si estende dal 10.000 a.C. al 4.000.000.000 d.C. passando per l'anno Mille, il 2012 e il 2032; temo che l'Epifania dovrò saltarla a... scarpe rotte pari! :-D

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  4. Beh, almeno di tutta la razza umana è rimasto il residuo di Babbo Natale e non di qualche altro oscuro figuro! È incoraggiante. Grazie del racconto!

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    1. Scavi archeologici ad Arcore, per esempio? Ma và, fantascienza!... :-D

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  5. Grazie! Mi è molto piaciuto. Ti leggo un po' a singhiozzo, ma ti apprezzo decisamente!

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    1. Benvenuta/o (?) in questi Avvilenti Paraggi, Mariluf :-) contento che il regalo ti sia piaciuto, ma soprattutto del fatto che torni a leggermi di tanto in tanto!

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  6. Ecco che fine ha fatto BN. Nonostante la copertura macchinata dagli adulti, si è semplicemente schiantato da qualche parte.
    Urge una missione di recupero!
    Grazie per il regalo.

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