Ho vinto l'abissale concorso HydroPunk - The Drowned Century (promosso dal blogger Giovanni Grotto) con il racconto Mareah & Juliette. Potete leggere la novella fra i racconti del Grande Avvilente, ma vi consiglio di attendere l'antologia in e.book del concorso di prossima uscita presso il blog Minuetto Express!
Recensione di Marco Faccin dal blog Fat Star
Di fantascienza nel romanzo breve di Alessandro Forlani ce n'è ben poca. Diciamocelo chiaramente!
Qui siamo di fronte ad un opera principalmente horror. Attenzione, però! Non fatevi ingannare dalle convenzionali etichette e dai luoghi comuni che esse generano! L'opera del giovane scrittore pesarese merita rispetto!
Ma veniamo al dunque. Monostatos è un negromante, un rappresentante del male in terra. Praticamente un “Senza-Tempo”, risvegliatosi da un lungo sonno e costretto a cibarsi di giovane carne umana per ricostituirsi completamente e tornare all'antica forma fisica. Nelle prime pagine del libro la sua fame insaziabile lo porta a decimare un'intera scuola elementare.
Alcuni superstiti di quel terribile giorno rimangono segnati a vita da tale esperienza che, tuttavia, non rappresenterà l'unica occasione d'incontro con l'entità malefica.
Dopo questi brevi accenni alla trama, qualcuno starà storcendo il naso pensando ad un bizzarro incrocio tra il blockbuster La mummia (USA 1999) ed il capolavoro It del maestro Stephen King.
A chi vede Monostatos come una copia sbiadita del famoso Imhotep di hollywoodiana memoria posso solamente dire di essere assolutamente fuori strada. I senza-tempo di Forlani è un'opera originalissima, scritta con uno stile che magari può non piacere da subito ma che si scopre essere via via incredibilmente mutevole e funzionale. Il romanzo, come già segnalato, è breve. Anzi, brevissimo. Diretto e spietato come un pugno nello stomaco. Il linguaggio è crudo e certe dure immagini trasmesse risultano essere tanto sconvolgenti quanto cristalline.
Gli amanti dello splatter avranno di che gioire durante la lettura ma I senza-tempo rappresenta molto di più. I negromanti, infatti, sono la metafora dei vecchi della nostra società che divorano i giovani, lasciandoli senza vita e speranza. Una metafora forte, attuale e che rappresenta il vero cuore pulsante della narrazione.
L'opera di Forlani è sicuramente figlia dei nostri tempi e la sua forte componente di denuncia sociale, nascosta tra le sue righe, non può che donargli spessore.
Una volta finita la lettura si ha l'impressione che l'autore ci abbia tirato su di peso dal nostro divano urlandoci in faccia la dura verità : i senza-tempo sono tra noi, dappertutto. Altro che!
Gli autori regalano racconti. Ed ecco anche quest'anno il mio piccolo, tradizionale dono di Natale ai lettori del blog. Buone Feste, buona lettura e grazie a tutti, sempre, per essere su queste pagine.
L’albero
scintillava in un angolo del soggiorno. Le luci intermittenti rosse ed oro, il
riverbero del puntale e delle palle di vetro, avvolgevano la sala in un alone
incantato. I pacchetti infiocchettati e sgargianti si accumulavano tutt’attorno
all’abete.
Ma l’uovo
strapazzato si raffreddava nel piatto, e torva e silenziosa, con i gomiti sul
tavolo, Alida infilzava un pisellino alla volta.
Babbo e mamma la
guardavano perplessi.
Lei non
resistette, smise il muso, gettò la forchetta, si sciolse il tovagliolo e
scoppiò in un pianto isterico.
La mamma la
accarezzò:
«Cucciola, che
cos’hai?»
«Oggi all’asilo
mi hanno tutti scherzato quando ho detto che aspettavo Babbo Natale! Mi hanno
detto che non esiste!»
Il babbo,
tutt’intento alla cena, spruzzò sul tuorlo dell’altro ketchup e maionese:
«Che cosa vuoi ne
sappiano, i tuoi compagni di classe?»
«Me l’hanno
detto le maestre.»
«Ah. Sono guai…»
Alida inghiottì
le lacrime, lo guardò sbigottita. La mamma la abbracciò con un’occhiata a papà .
Lo calciò in uno stinco.
*
I razzi di
segnalazione rischiaravano la neve: nei cerchi di luce azzurra che spandevano intorno,
Loiphot scorse le forme semisepolte delle cupole da campo degli archeologi
naufraghi. Il segnale di SOS crepitò nel trasmittente, spezzato all’improvviso
dai gorgheggi di gioia dei membri della spedizione che scendeva a soccorrere.
Iniettò nei retrorazzi,
si assestò in orizzontale: il blizzard raspava sullo scafo della navetta, la
neve si ghiacciava sugli oblò, la bussola magnetica oscillava paurosamente. Loiphot
tirò la cloche, si attorcigliò con la proboscide al microfono e dettò
perentorio le istruzioni per il recupero:
«... e in
fretta, accidenti!»
Gli archeologi sgusciarono
dal rifugio avvinghiati l’uno all’altro per resistere alla tormenta, si trascinarono
nel cucchiaio che li raccolse nella carlinga. Si rannicchiarono intirizziti sui
sedili coi carapaci che scricchiolavano per il freddo; un robot li fornì d’icori
caldi e coperte.
Loiphot tese gli
occhi sui naufraghi: dalle volute e le striature sulle conchiglie indovinò che erano
giovani, probabilmente studenti. Tolse annoiato gli elettro-moduli dal
cruscotto:
«C’è fra voi un
responsabile del campo? Mi occorrono certe firme per andarcene da questo
inferno.»
Un anziano dalla
peluria perlacea, con le lunghe vibrisse e l’esoscheletro bitorzoluto, strisciò
da fondo scafo fra i ragazzi infreddoliti, si sciolse le fasce termiche dagli
pseudopodi e glieli avvolse alla chela:
«Professor Bìlat
Eukary», gorgogliò con gratitudine e cordialità , «le dobbiamo la vita.»
«Una firma sulle
scartoffie, prof», Loiphot lo incalzò, «ché ancora siamo in tempo ad
ammazzarci.»
La tempesta era
cresciuta d’intensità , la navetta rollava, e le gelide e violente folate la
impennavano ora a prora ora a poppa. A Loiphot dolevano le ventose tanto il
vento lo costringeva alla cloche per mantenere l’assetto del velivolo. Nel
cielo tenebroso di quel mondo inospitale il ruggito dei motori all’idrogeno sfidava
l’ululato dell’uragano glaciale.
I fumogeni si
spegnevano sotto la coltre, le cupole, i magazzini del campo ormai erano tumuli
sparpagliati indistinguibili nell’orizzonte polare.
Loiphot trasmise
alla nave-madre circa l’esito positivo della missione di soccorso e recupero, e
lasciò l’elettro-modulo fra le chele del professore. Si attorcigliò con i tentacoli
ai comandi e dettò al cervello elettrico le istruzioni per il rientro.
«Fermo!», Eukary
fischiò «Non possiamo abbandonarlo là sotto!»; si appiattì sul finestrino della
navetta a guardare disperato la distesa innevata.
Lui contò di
nuovo gli archeologi nella carlinga, imprecò:
«Mi risulta che
siate tutti.»
Eukary non
stornava dalla vetriata.
Loiphot zoomò con
l’oculare infrarosso sul perimetro del campo nelle tenebre della neve. Gli
involucri anneriti delle fiaccole di emergenza circondavano un blocco di
ghiaccio termo-tagliato di pressappoco cinque choz[1]
di lato. All’interno s’indovinavano forme scure.
«L’unico
reperto», balbettò il professore.
«Non posso agganciarlo,
ci schianteremmo: il peso sbilancerebbe la nave.»
«Lei non
comprende! in quel ghiaccio c’è l’unica testimonianza, l’unica, su tutti i
mondi di questo sistema di stella nera, dell’esistenza di un’antica civiltà . Ho
dedicato la vita agli studi su quella razza: non posso permettere che una
tempesta di neve…»
Loiphot guardò
ancora i ragazzi, scioccati, avvolti nelle coperte nel ventre dell’aeromobile; lesse
il panico nei loro bulbi gocciolanti d’inchiostro:
«Il mio dovere è
salvare lei e la sua equipe, professore. Convinca casomai il Comando: che siano
loro a inviare un altro modulo per il recupero di quel ghiacciolo. Io decollo.»
Iniettò nei
motori, si drizzò prora al cielo, aprì il canale col vascello in orbita e gli
cedette il trasmettitore. Eukary si attaccò al microfono, scalò di ponte in
ponte la gerarchia della nave e ottenne altri mezzi: Loiphot ascoltò stupefatto
tenenti e capitani accontentare quell’esaltato.
*
Alida si
rigirava fra le coperte, e guardava a quello scorcio di cielo che scorgeva
dagli scuri socchiusi. Gemette:
«… e non si
possono sbugiardare le maestre …»
La mamma grattò
sull’uscio, si sedette sul letto, le baciò la fronte e gli occhi e la tenne stretta
a sé:
«Perché non
dormi, cucciola? Cos’è che ti fa paura?»
Lei alzò lo
sguardo alla finestra, che adesso, nonostante i festoni, le ghirlande e le
lampade, le appariva la soglia squallida di un universo disabitato.
Né Babbo Natale né
extraterrestri né Minipony né Teletubbies:
«Ãˆ vuoto lassù.»
*
Incrociarono il
rimorchiatore fra gli strati dell’atmosfera. L’aeromobile corazzato e panciuto
scendeva nel cielo latteo del pianeta ghiacciato, Loiphot trasmise un segnale
di «hallo!»; e i colleghi che pilotavano quel bestione, tutto benne,
servo-braccia e motori, gli lampeggiarono di rimando con gli abbaglianti di
prora.
«Il tempo di
rientrare, di sbarcare e sterilizzarmi», Loiphot pensò, «e quello sarà tornato
con il carico: voglio togliermi la soddisfazione di vedere per che cosa ho rischiato la coccia in quell’inferno
di neve.»
Eukary raggiunta
la nave-madre fu trattenuto dagli ufficiali: gli stringevano le chele, lo
invitavano in plancia, gorgogliandogli attorno con soggezione e timore. Sciamavano
i servo-robot con le ampolle d’idromele.
Loiphot condivise
il discensore dagli hangar con gli studenti dell’equipe del professore. Si
slacciarono le tute, le accartocciarono al macero; ai getti bollenti delle
docce sterilizzanti gli organi dei ragazzi si afflosciarono rilassati. Lui
distribuì con confidenza le bustine di plancton e i coralli da bagno.
L’abitacolo
scendeva con i cristalli appannati, passava dalle piattaforme ai ponti e sottocoperta.
«Che ne sapete
di questa storia, ragazzi?», Loiphot azzardò, «La nave incrocia sono ormai sei
mesi in questo sistema all’ombra di quella nana. Nove mondi privi di vita,
ghiacciati: cosa spera di trovare il vostro capo, qui?»
«C’è una favola,
l’avrà sentita anche lei: di una razza intelligente ed evoluta che miliardi di
anni fa avrebbe abitato presso questi pianeti.»
«Come no?», Loiphot
ronzò, «Te la raccontano fin da girino.»
«Eukary è convinto
che non si tratti di una leggenda. È matto, ossessionato.»
«Ãˆ demenza
senile.»
«... ma è
parente di non so chi in Consiglio ed ha ottenuto i necessari finanziamenti. In
questi mesi la nostra squadra ha scavato presso il polo settentrionale del
terzo pianeta a partire dalla nana. E abbiamo trovato… Beh, guardi là .»
Il discensore
attraversò la rimessa, uno degli studenti strofinò una ventosa sul vetro
offuscato dalle gocciole di condensa: in una gabbia di cristallo sterile,
monitorata dagli scienziati di bordo, Loiphot vide quel blocco di ghiaccio. I robot
lo attaccavano con lanciafiamme e picconi, e l’ammasso preistorico si
scioglieva e spezzava svelando la cosa fossile imprigionata all’interno.
Un veicolo rosso
cupo scoperto, di legno, su pattini di acciaio, era trainato dagli scheletri
intatti di nove creature cornute e quadrupedi. Alla guida del veicolo c’erano i
resti di un bipede, con altrettante appendici, dalla candida peluria ed una tuta
scarlatta. Sul retro del veicolo, forse il bagagliaio, c’era un fagotto di
tessuto vegetale che tracimava di intraducibili suppellettili.
«Che genere di
mostro è?»
«Forse l’unico
essere evoluto e intelligente che abbia mai messo piede su quel pianeta defunto.»
«Non m’intendo
di archeologia: non è un po' poco, per provare le teorie del professore?»
«Non è nulla,
altroché: deve trattarsi di un alieno naufragato che ha fatto la fine che
abbiamo rischiato di fare noi», azzardò uno studente scrollandosi nella conchiglia;
stese gli occhi ai finestroni sullo scafo dell’astronave, «Bisogna mettersi il
cuore in pace: è vuoto lassù; gli umani lo sanno tutti, che non sono mai
esistiti.»
Ferruccio Gianola promuove una terza edizione del suo simpaticissimo concorso "Dedica un racconto al tuo autore preferito": le regole nel link. L'ultima volta partecipai con Landolfi, quest'anno propongo Francesco Petrarca. Ecco la novelletta con cui gareggerò:
Per Ettari di Terra Rorida di rugiada, All’alba, Ramingo, nei Contadi lo si vide Aggirarsi lamentando l’inquieta giovinezza, i patemi di un amore
che fu; sorridere e vergognarsi, con il volto fra le mani, dei ridicoli
atteggiamenti che tenne in quegli anni. Implorava lo perdonassero.
«Accadde a Lione, e la ragazza morì di parto: consolati»,
gli amici lo confortavano. Non sapevano serbasse in un cassetto un’ampolla d’acqua
dolce, fresca, ed una ciocca dorata.
A sera rientrò, pregò la Vergine e si sedette. Ridusse in
frammenti quei volgari ricordi. Claudio Monteverdi, seduto al davanzale, accordava la viola
ai suoi rantoli di vegliardo.
Sabato 8 dicembre p.v. sarò a Trieste, nell'ambito del Science+Fiction Festival in occasione del 60° compleanno di "Urania". Di seguito il programma dell'incontro
ore 11.00 Sala Bobi Bazlen Palazzo Gopcevich -
Science Fiction Café
THE VERY BEST FANTASCIENZA
partecipano:
Fabio Pagan (Radio3 Scienza - moderatore)
Tullio Avoledo (Un buon posto per morire, Metro 2033 - Le radici del cielo) Alessandro Forlani (premio Urania 2012)
Giuseppe Lippi (curatore Urania)
Bruce Sterling (Wired, Beyod the Beyond)
Nel 60esimo anniversario della rivista letteraria Urania, edita da Mondadori, un incontro dedicato
al più celebre e longevo magazine di science fiction italiano, dal quale il primo curatore Giorgio Monicelli lanciò nel 1952 il neologismo fantascienza.
Un'intervista a cura di Domenico Attianese sul blog Helldoom's Reign
Alessandro è un piacere
averti qui come ospite e come protagonista della mia prima intervista di per il
blog. Perché non dai ai lettori qualche notizia anagrafica dell'Alessandro
reincarnatosi in questo secolo?
Sono nato a Pesaro, dove vivo, nel 1972. Figlio unico. Single e mai
sposato.
Questa tua marea di
passioni, il cinema, il gioco di ruolo, la letteratura, la musica e i
fumetti, è andata crescendo nel tempo, immagino. Ma come sono nate? Quali sono
stati i primi passi del Messer in questi campi, quando era ancora un
giovincello del XVII secolo? E quali sono, se puoi darci qualche consiglio, le
migliori novità che hai letto/visto negli ultimi tempi?
La passione per la lettura, il cinema e il teatro la devo ai miei genitori,
che sono sempre stati lettori e spettatori “forti” e che mi hanno accompagnato
in biblioteca, in sala e in platea già in età prescolare. Quella fantastica e
stata la strada che ho scelto quando ho imparato a “camminare da solo”. Ho uno
spettro di gusti piuttosto vario, addirittura devo ammettere imbarazzante,
perché in quest’ambito non ho avuto nessun mentore. E insomma dai 12 anni in
avanti ho setacciato librerie, fumetterie, negozi di giochi e musica senza
sapere esattamente cosa cercare, o che cosa volessi: in estasi allo stesso modo
per Claudio Monteverdi o i Dead Can Dance; W.B. Yeats e Bill King… Il roleplay
fu un hobby “naturale” per noi adolescenti degli anni ’80-’90 caduti fin dalla
culla nel pentolone del fantasy: ho esordito con la scatola rossa di Dungeon & Dragons, ma i miei
migliori ricordi di roleplayer sono legati a Il Richiamo di Cthulhu; Warhammer
Fantasy Roleplay; Lex Arcana e Castle Falkenstein. Oggi, purtroppo, non
seguo più quell'ambito come un tempo; mi limito al wargame.
Invece, altra curiosità ,
La tua passione per il barocco quando è nata? Perchè è nata, se c'è una causa
scatenante e come si è evoluta nel tempo?
Me lo sono chiesto spesso: posso rispondere… metempsicosi? Lo dico fra il
serio e il faceto: ebbi una fidanzata un po’ “strega” che davvero era convinta
che io fossi stato un erborista olandese del secolo XVII. Non ci credo,
ovviamente. Ma… la musica di Haendel, Bach e Lully non bastano come scusa; né
il fascino dei pirati. Mi rendo conto che fu un secolo dei più violenti, sozzi,
a tratti oscuro eppure…
Vincitore del Premio
Urania 2011, con I Senza-Tempo, che ho letto e trovato incredibile, anche per
quello stile barocco che ti caratterizza. Quali sono state le sensazioni
che hai provato quando hai appreso la notizia? Quando hai saputo che il tuo
romanzo aveva vinto?
Ti confesso che ad appena un mese dall’uscita del libro sono così
amareggiato da certe feroci insinuazioni sulla validità , opportunità ,
inconsistenza del mio lavoro che quelle belle sensazioni di luglio me le sono
dimenticate.
Parliamo del tuo stile di scrittura, che
ho sempre apprezzato fin dalla prima volta che ti ho letto sul Grande
Avvilente, lo stile barocco, ricercato, ma non di difficile comprensione (per
una mente di medio livello, ovviamente) e il fantastico uso dell'imperfetto per
rendere la lettura "Cinematografica". Come hai fatto evolvere questo
stile? O compiuto queste scelte stilistiche?
Non pormi la domanda come se si trattasse di una scelta definitiva e
compiuta: il mio scopo principale è imitare la scrittura cinematografica,
questo sì, ma le prove, gli esperimenti, ho intenzione di proseguirli. Tuttora
sto cercando di affinare i dialoghi, tessere trame più complesse rispetto a
quelle basate sulla struttura “a viaggio dell’eroe” che uso più volentieri;
capire fino a che punto posso spingermi coi neologismi o, al contrario, quanto
davvero voglio asciugare la mia lingua e il mio stile dai barocchismi.
Le tue storie, spesso
piene di elementi fantastici incredibili, e i tuoi personaggi, spesso molto ben
caratterizzati e indipendenti, da dove nascono? Dove prendi
"L'ispirazione"?
I personaggi delle mie storie sono sempre funzionali al tema che mi
interessa trattare: conosco autori che, immaginato un personaggio, gli
costruiscono passo passo un mondo ed una vita attorno; io faccio il contrario.
Circa l’ispirazione, credo che basti guardarsi attorno: rifletto sulla vita, i
fatti che mi circondano come fanno tutti. Ma esprimo la mia opinione filtrata
dal fantastico.
Narrativa
d'immaginazione, penso sia il temine perfetto per descrivere questo tipo di
scrittura. La situazione Italiana, almeno a guardare nelle librerie non è delle
migliori, cosa che, tuttavia, non si può dire del web, in cui si sono molti
validi autori (Basta fare un giro sul tuo blog, ad esempio). Tu cosa pensi
della situazione della narrativa d'immaginazione in Italia?
Che le prove più interessanti siano, hai ragione, da cercare sul web;
preferibilmente in ebook. E molto spesso in ebook autoprodotti.
Sei un autore molto
chiacchierato al momento, il tuo romanzo è trascinato in alcune polemiche che
non siamo qui a citare perché non ne vale la pena, ma penso sia un buon segno,
significa che sei un autore, scusa il pessimo gioco di parole, che lascia il
segno e non scorre via. Perché hai iniziato a scrivere? Cosa vorresti rimanesse
di te, dopo la lettura di uno dei tuoi libri? (Io, personalmente, penso: Ma è
già finito?!)
Perché ho iniziato non lo ricordo: direi semplicemente per infantile
spirito di emulazione. Già a 13 anni riempivo fogli di quaderno a righe, o
pestavo sui tasti della Olivetti, illeggibili disastrosi tentativi di novelle
alla Poe e romanzi alla Tolkien. Poi sono passato ad atteggiarmi a poeta, e
purtroppo qualche successo ottenuto mi ha fatto credere di averne le qualità .
Quella fase grazie al Cielo e passata. Quello che vorrei che restasse di me è,
in generale, anche dopo molto tempo, la nostalgia di aver letto un mio
racconto. Senza sputarci sopra rancore come accade su certo web, però.
Una domanda di rito (o
meglio, che diventerà di rito, visto che sei il primo intervistato). Hai
qualche consiglio per i giovani scrittori che vogliono avventurarsi in questo
mondo. Su come affinare lo stile di scritture, su come muoversi in
quest'ambito, ad esempio?
Leggere e scrivere
con metodo e disciplina, abbandonare l’approccio “di pancia”; piuttosto
pensarsi come artigiano che migliora con la pratica e lo scrivere; non la
supponenza, le chiacchiere e discettare. E smettere l’intellettualismo e la
presunzione di superiorità nei confronti dei lettori: tutti i lettori;
rifuggire come la peste i circoli compiacenti. Infine, piuttosto che la sterile
diaristica esistenziale che ammala ogni aspirante scrittore - ci siamo cascati
tutti, da giovani! Il male è quando non si guarisce, da certe narcisistiche
illusioni… - cercare di capire per quale “genere” si è portati e allenarsi su
quella strada con un robusto percorso a ostacoli. In ultimo: attenti agli
editori!
Alessandro, questa
chiacchierata con te è stata un vero piacere, spero che tornerai a far visita a
questo blog o, ancora di più, a scrivere altre storie di altissimo livello.
Grazie a te.
Puntata n. 18 di Fantascientificast: recensione (in podcast) de I Senza-Tempo a cura di Paolo Marzola
Recensione di G.V. Falconieri dal blog La Foresta dei Sussurri
[Piccolo disclaimer: Alessandro Forlani è uno degli autori che più stimo nel panorama italiano. Inoltre, ha collaborato con un romanzo a puntate su questo stesso blog. Questo avveniva in tempi non sospetti. Ho deciso di recensire la sua ultima opera – e non solo segnalarla, come forse sarebbe più conveniente – nonostante questo evidente conflitto d’interessi. Decidete voi se la recensione è obiettiva o meno.] Inoltre, aprire una parentesi un po’ acida ed antipatica. Saltate il paragrafo sottostante se non vi interessa e volete solo la recensione.
Parentesi acida
Ho notato con piacere che il romanzo ha già ricevuto tantissime recensioni (una ventina, ma può darsi me ne sia persa qualcuna). La cosa ovviamente mi ha fatto molto piacere, soprattutto perché sono quasi tutte positive e come ho detto ho molta stima di Forlani. Tuttavia, fatta eccezione per alcuni blogger, non ho potuto fare a meno di notare (ma sono cattivo, si sa) la sproporzione tra quanti hanno parlato di questo Urania e quanti hanno trattato le opere precedenti di Forlani. Eppure online l’autore non è certo invisibile ed ha già pubblicato più di un lavoro. Ci sarebbe stato modo di apprezzarlo anche prima, magari sul suo blog e, mi auguro, ci sarà modo di apprezzarlo anche dopo la pubblicazione con Mondadori. Per dire, mi sarebbe piaciuto che anche Qui si va a vapore o si muore avesse ricevuto tutte queste attenzioni. Invece, la Pyra Edizioni, la piccola casa editrice che lo aveva pubblicato, nel frattempo è fallita e costato con orrore come la pagina che prima ospitava il libro, ora sia occupata da scritte in coreano. E la cosa dovrebbe valere per tutti gli autori esordienti. Se la maggioranza dei blogger che si dicono appassionati per segnalare e recensire un autore meritevole deve aspettare che questo venga pubblicato da una casa editrice importante, è segno che non si fa fino in fondo il proprio “lavoro” (tornerò su questo tra qualche giorno… forse). Insomma, che ci stiamo a fare come blogger se ci limitiamo a svolgere in subappalto (non retribuito, intendiamoci, non accuso nessuno di questo) il ruolo di ufficio stampa delle case editrici? Sempre con l’eccezione di alcuni appassionati della prima ora, s’intende. Il mio è più un discorso “statistico”, diciamo, e non vorrei che si offendessero proprio quelli che il “talent scouting” l’hanno sempre fatto.
Trama
Chi sono il dottor commercialista Totali, l’avvocato fallimentare Pantocrati, il notaio Maggioritariis? E soprattutto, chi è Monostatos il risvegliato? (Questi nomi, presi a prestito nel 2012, nascondono attività mostruose.) Chi ha assassinato i bambini di una scuola elementare di provincia, divorandoli? (Le indagini sono tuttora in corso.) Cosa vogliono gli Archiburoboti, invasori meccanici già in marcia nel 2024? L’intempestiva risposta arriverà nella spaventosa Italia che ci aspetta nel 2036, in un romanzo di magistrali nefandezze e originalità assoluta, vincitore del premio indetto annualmente da “Urania”.
Recensione
Lo stile non lascia dubbi sul fatto che si tratti del nostro Forlani e non di un omonimo. Forse un po’ meno artefatto e ricercato del solito, fluisce particolarmente bene lungo le poche pagine del racconto lungo (o romanzo breve). Come sempre il lessico è il punto nodale dello stile. Non è più quello ottocentesco, privilegiato da Alessandro in altre occasioni, ma uno più moderno, costellato però da termini comunque desueti .I Senza-tempo ha un buon ritmo, cosa fondamentale considerando la trama piena di balzi temporali e, complice la brevità del romanzo, si ha l’impressione di assistere ad un film dal montaggio serrato.Il genere d’appartenenza è difficile da definire. Di certo paragonabile al New Weird alla Evangelisti, almeno per le sovrapposizioni temporali o l’approccio razionale alla magia. Punto cruciale delle critiche di cui leggo parecchio sul web è infatti la difficoltà di attribuire il romanzo ad un genere particolare (fantascienza, science fantasy, fanta-horror). A me, che conosco piuttosto bene i “confini” su cui si muove Forlani, la cosa non ha stupito più di tanto. Tenderei a collocarlo – se proprio devo – da qualche parte nella terra di nessuno tra la science fantasy e il fanta-horror. Un romanzo pienamente New Weird, insomma.
Un romanzo New Weird
Se proprio si deve giocare al gioco dei generi, come molti detrattori del romanzo hanno fatto, bisogna farlo fino in fondo, citando e documentandosi (dato che le “categorie” esistono per semplificare la comunicazione, non per rendere tutto più confuso). Uno dei motivi per cui spesso si è allergici alle etichette è proprio quest’utilizzo poco consapevole. Per dire, si attacca in quanto poco fantasy un romanzo che non ha elfi o gnomi, o come poco fantascientifico un racconto in cui non compaiono astronavi e spade laser. Mi limito allora a citare dal manifesto New Weird di Jeff VanderMeer, secondo cui le caratteristiche del genere sono:
Parentesi acida
Ho notato con piacere che il romanzo ha già ricevuto tantissime recensioni (una ventina, ma può darsi me ne sia persa qualcuna). La cosa ovviamente mi ha fatto molto piacere, soprattutto perché sono quasi tutte positive e come ho detto ho molta stima di Forlani. Tuttavia, fatta eccezione per alcuni blogger, non ho potuto fare a meno di notare (ma sono cattivo, si sa) la sproporzione tra quanti hanno parlato di questo Urania e quanti hanno trattato le opere precedenti di Forlani. Eppure online l’autore non è certo invisibile ed ha già pubblicato più di un lavoro. Ci sarebbe stato modo di apprezzarlo anche prima, magari sul suo blog e, mi auguro, ci sarà modo di apprezzarlo anche dopo la pubblicazione con Mondadori. Per dire, mi sarebbe piaciuto che anche Qui si va a vapore o si muore avesse ricevuto tutte queste attenzioni. Invece, la Pyra Edizioni, la piccola casa editrice che lo aveva pubblicato, nel frattempo è fallita e costato con orrore come la pagina che prima ospitava il libro, ora sia occupata da scritte in coreano. E la cosa dovrebbe valere per tutti gli autori esordienti. Se la maggioranza dei blogger che si dicono appassionati per segnalare e recensire un autore meritevole deve aspettare che questo venga pubblicato da una casa editrice importante, è segno che non si fa fino in fondo il proprio “lavoro” (tornerò su questo tra qualche giorno… forse). Insomma, che ci stiamo a fare come blogger se ci limitiamo a svolgere in subappalto (non retribuito, intendiamoci, non accuso nessuno di questo) il ruolo di ufficio stampa delle case editrici? Sempre con l’eccezione di alcuni appassionati della prima ora, s’intende. Il mio è più un discorso “statistico”, diciamo, e non vorrei che si offendessero proprio quelli che il “talent scouting” l’hanno sempre fatto.
Trama
Chi sono il dottor commercialista Totali, l’avvocato fallimentare Pantocrati, il notaio Maggioritariis? E soprattutto, chi è Monostatos il risvegliato? (Questi nomi, presi a prestito nel 2012, nascondono attività mostruose.) Chi ha assassinato i bambini di una scuola elementare di provincia, divorandoli? (Le indagini sono tuttora in corso.) Cosa vogliono gli Archiburoboti, invasori meccanici già in marcia nel 2024? L’intempestiva risposta arriverà nella spaventosa Italia che ci aspetta nel 2036, in un romanzo di magistrali nefandezze e originalità assoluta, vincitore del premio indetto annualmente da “Urania”.
Recensione
Lo stile non lascia dubbi sul fatto che si tratti del nostro Forlani e non di un omonimo. Forse un po’ meno artefatto e ricercato del solito, fluisce particolarmente bene lungo le poche pagine del racconto lungo (o romanzo breve). Come sempre il lessico è il punto nodale dello stile. Non è più quello ottocentesco, privilegiato da Alessandro in altre occasioni, ma uno più moderno, costellato però da termini comunque desueti .I Senza-tempo ha un buon ritmo, cosa fondamentale considerando la trama piena di balzi temporali e, complice la brevità del romanzo, si ha l’impressione di assistere ad un film dal montaggio serrato.Il genere d’appartenenza è difficile da definire. Di certo paragonabile al New Weird alla Evangelisti, almeno per le sovrapposizioni temporali o l’approccio razionale alla magia. Punto cruciale delle critiche di cui leggo parecchio sul web è infatti la difficoltà di attribuire il romanzo ad un genere particolare (fantascienza, science fantasy, fanta-horror). A me, che conosco piuttosto bene i “confini” su cui si muove Forlani, la cosa non ha stupito più di tanto. Tenderei a collocarlo – se proprio devo – da qualche parte nella terra di nessuno tra la science fantasy e il fanta-horror. Un romanzo pienamente New Weird, insomma.
Un romanzo New Weird
Se proprio si deve giocare al gioco dei generi, come molti detrattori del romanzo hanno fatto, bisogna farlo fino in fondo, citando e documentandosi (dato che le “categorie” esistono per semplificare la comunicazione, non per rendere tutto più confuso). Uno dei motivi per cui spesso si è allergici alle etichette è proprio quest’utilizzo poco consapevole. Per dire, si attacca in quanto poco fantasy un romanzo che non ha elfi o gnomi, o come poco fantascientifico un racconto in cui non compaiono astronavi e spade laser. Mi limito allora a citare dal manifesto New Weird di Jeff VanderMeer, secondo cui le caratteristiche del genere sono:
- Fusione di elementi fantasy, fantascientifici e horror;
- “Abbandonarsi al bizzarro” al fine di provocare un forte senso del meraviglioso, e quindi creature e ambientazioni molto strane e originali (ma senza arrivare agli eccessi della bizzarro fiction)
- “Mondo secondario” verosimile e coerente con le premesse.
Ci sono inoltre delle caratteristiche comuni alla maggioranza delle opere new weird, ma non a tutte:
- Allegoria e tematiche socio-politiche, d’attualità e/o filosofiche;
- Atmosfere lugubri, oscure, ciniche e pessimiste. Non c’è nulla di consolatorio o evasivo, a differenza del fantasy classico.
Insomma, se non si accetta questo libro come fantascienza, anche se “eretica” e appartenente ad un sottogenere d’avanguardia come il New Weird, non si devono considerare appartenenti al canone fantascientifico autori come Lovecraft, VanderMeer e China Miéville. Solo per citare i primi che mi vengono in mente.
Non sono un esperto di manga, ma le atmosfere ed i personaggi, caratterizzati spesso attraverso l’ironia, l’intreccio storico con elementi fantascientifici mi ha ricordato alcuni manga come Il conte di Montecristo; mentre altri elementi — carne, tecnologia e magia, in chiave esoterico-quantistica — mi hanno ricordato Immortal ad Vitam. Ma è solo un’associazione come tante altre, dato che Forlani è bravissimo ad oscillare tra moltissime fonti d’ispirazione. E poi desumibile, anche a chi non ha mai letto nulla di questo autore, che gli elementi soprannaturali sono inquadrati in un quadro più ampio, che attraversa tutte le sue opere in maniera quasi compulsiva. Qualcosa che ha a che vedere con il tempo, l’alchimia, la manipolazione di vita e morte ed un senso di marcio profondo che, qui, viene incarnato alla lettera (fino all’estremo dell’allegoria) dai protagonisti negromanti dei Senza-tempo.
Non sono un esperto di manga, ma le atmosfere ed i personaggi, caratterizzati spesso attraverso l’ironia, l’intreccio storico con elementi fantascientifici mi ha ricordato alcuni manga come Il conte di Montecristo; mentre altri elementi — carne, tecnologia e magia, in chiave esoterico-quantistica — mi hanno ricordato Immortal ad Vitam. Ma è solo un’associazione come tante altre, dato che Forlani è bravissimo ad oscillare tra moltissime fonti d’ispirazione. E poi desumibile, anche a chi non ha mai letto nulla di questo autore, che gli elementi soprannaturali sono inquadrati in un quadro più ampio, che attraversa tutte le sue opere in maniera quasi compulsiva. Qualcosa che ha a che vedere con il tempo, l’alchimia, la manipolazione di vita e morte ed un senso di marcio profondo che, qui, viene incarnato alla lettera (fino all’estremo dell’allegoria) dai protagonisti negromanti dei Senza-tempo.
Tutt’altro che Lovecraftiani – per la scelta di “mostrare” il male – sono invece i numerosi episodi di crudeltà (o cruda realtà ) che ci vengono descritti da un narratore in vena di distaccato cinismo, con attenzione per il singolo dettaglio:
Del palazzo, che ai suoi tempi era stato magione signorile, i posteri avevano fatto una scuola. Avrebbe potuto essere più fortunato, trovare al risveglio tanto di cui nutrirsi? Un bambino uscì di corsa da un’aula; si affrettava a una porta, all’altro lato del corridoio, contrassegnata dai geroglifici di femmina e maschio. Quando il bambino fu più vicino e lo vide, impallidì di paura. Il senza-tempo lo afferrò alla gola, poi con un morso addentò la carotide.
Ovviamente si tratta di fantascienza “low”, o minimalista. Come, parafrasando, più volte dicono i personaggi, il male è spesso nel quotidiano, più che nei massimi sistemi (o gli imperi spaziali?) Non sorprende dunque che gli appassionati della fantascienza pura, quella con le astronavi ed i laser, per capirci, abbiano gridato alla scandalo.
Su un paio di cose avrei un appunto da fare. L’autore utilizza una terza persona profonda, abbastanza da influire sullo stile della narrazione, che infatti varia da personaggio a personaggio. Le parti in cui si ha la soggettiva di Monostatos sono raccontate in uno stile barocco, come già spiegato, mentre quelle dei personaggi contemporanei sono assai più piane. Ecco, in alcuni casi, lo stile tende a sovrapporsi e la voce personalissima del Narratore finisce per sovrascrivere il linguaggio del personaggio, propendendo dunque per uno stile che non suona reale in bocca (o dalla prospettiva) del protagonista, finendo per confondere il lettore. Per il resto, mi sento di dire che il romanzo, nella sua brevità , o lavorando un po’ sulla lunghezza, poteva essere migliorato da una caratterizzazione psicologica più approfondita.
Recensione di Nino Geremicca dal blog A Casa di Odette
Non starò a disquisire se per I Senza Tempo (che ha vinto il Premio Urania e il Premio Kipple nello stesso giorno!) si possa parlare di fantascienza, o di fantasy o di horror; se nel libro ci sarebbe una non tanto velata critica alla società moderna; se il linguaggio barocco (alternato a quello contemporaneo, a seconda dei personaggi) usato da Alessandro sia una novità nel panorama della scrittura italiana, ecc. ecc.. Chi conosce Forlani di tutte queste cose un'idea se l'è fatta già .
D'altra parte, come sono uso fare, vi devo rimandare a una recensione seria che dica tutto quello che c'è da sapere sul libro. Ma poiché le recensioni sono state tantissime, tutte interessanti e, sicuramente, continueranno anche nei prossimi giorni, in questo caso ne citerò solamente una (quella di Davide Mana, e non me ne vogliano gli altri: è quella che si avvicina di più al mio concetto di recensione) e vi rimando al label "recensioni" del blog di Alessandro, in cui troverete tutte le altre.
Allora di che vi devo parlare io, se è stato detto tutto e il contrario di tutto su I Senza-Tempo? Naturalmente saranno le mie sensazioni, per che cosa mi ha preso alla pancia e non mi ha mollato per tutte le 100 pagine della storia.
Leggere I Senza Tempo mi ha fatto vivere una claustrofobia temporale. Quel mondo,disarcionato e impazzito, alla deriva, mi ha messo paura. Vien voglia di scappare dalla storia, di rifugiarsi nella normalità quotidiana che viviamo. In certi momenti la narrazione arriva a raccontare episodi abominevoli, da puro horror.
E invece poi mi sono accorto che è una fiaba che dice a chiare lettere che l'abominio dei senza-tempo è, purtroppo e spesso, l'abominio di chi regge di nascosto le sorti del nostro mondo, di chi manovra i fili dell'economia, della politica dei nostri giorni. Gli altri senza-tempo che vivono mimetizzati e che non vogliono mostrarsi apertamente (a differenza di Monostatos) per quel che realmente sono, lo fanno proprio per poter continuare ad agire indisturbati. E forse che chi, nella nostra realtà , vuol governare dietro le quinte non si nasconde dietro il buonismo (o lo splatter) dei nostri programmi televisivi? Essere inondati di menzogne ben mascherate da informazione giornalistica non fa forse parte della nostra quotidianità , al punto che ne siamo assuefatti e non sappiamo (o vogliamo?) discernere più qual'è la verità e qual'è la menzogna?
Mi sono detto, durante la lettura, che quel tempo non è il mio tempo e che quella storia è solo un romanzo di fantasia, quanto meno per non soffocare nel miasma dei corpi morti e fatti a pezzi, ingurgitati (... un automa servì (a Monostatos) su un piatto il tubo carnoso di un intestino umano. Il vecchio lo sgranò fra le dita, succhiò).
E spero che non lo diventi mai; anche se si cambia, personalmente e insieme.
Si cambia per convenienza, per costrizione, per ineluttabilità delle cose. È proprio un altro dei personaggi, Iron, che era un duro, a spiattellarci davanti la realtà : Lui (Rommel) con l'elmetto calzato in testa, tira dritto tutti i giorni nel suo casino. Noi facciamo finta che questo mondo non vada alla rovina, ci imboschiamo allo schifo. Io portavo una croce rovesciata, spaccavo i culi, ero un'anima nera: l'anno prossimo mi sposo in chiesa, seguo i corsi per i fidanzati e la lista nozze l'ho fatta all'Iper. Tu ti strafogavi di tutto, non prendevi mai niente sul serio: adesso ti depili, ti spalmi di correttore. ... Tu e io ci pisciamo nelle mutande, non lui.
Forse che la salvezza verrà a noi dalla follia? Il mondo che abitiamo ha bisogno di più follia, di più immaginazione? Così come nel libro c'è Rommel, ragazzo autistico, che sferra il suo attacco con armi della seconda guerra mondiale e che costruisce, quasi fosse un lavoro di decoupage e modellismo, un panzer a partire da una semplice macchina cingolata? Lui che vorrebbe sconfiggere con queste armi improvvisate gli invincibili archiburobuti, automi di ossa umane smaltate, con giunture di caucciù e d'ottone; il cervello si consumava nel cranio, scoperchiato a braciere, nella fiamma grigioscuro di un gas che sfiatava da cannule avvitate all'occipitale. Carpi, metacarpi e falangi ... in parte sostituite da iniettori e coltelli. Pare di leggere ancora di Don Chisciotte. Ma in questo caso Don Chisciotte... non vi posso svelare il finale, è contro ogni regola del saggio lettore.
Detto tutto ciò, alla fine della lettura ho tirato un sospiro di sollievo: mi è sembrato di uscire dallo stato di claustrofobia temporale in cui mi ero calato; anche se devo ammettere di aver cominciato a guardare tante cose attorno a me con occhi diversi.
Comunque, non abbiate paura, non lasciatevi trascinare dai miei rigurgiti da intellettuale sinistrorso che vorrebbe sferzare il mondo e i suoi costumi: I Senza-Tempo è anzitutto un buon libro, che si legge alla svelta e che fa (anche) riflettere, ma solo se lo volete. Altrimenti godetevi una lettura spensierata e lasciatevi trascinare da una storia come si deve!
Voto: 8
P.S.: lo so', sono un precisino di quelli che fa imbestialire tanti bravi blogger, ma una una domanda (malignetta) per Alessandro e il suo editore ce l'ho: perché il nome del personaggio Clara nell'indice diventa Chiara? ah, non ci sono più i correttori di bozze di una volta!
Oggi e domani su Il futuro è tornato recensione collettiva ai Senza-Tempo e mia intervista da parte dello staff (Angelo Benuzzi, Davide Mana, Gianluca Santini, Marco Stabile, Nicola Parisi). Riporto solo il link del sito, ché davvero l'analisi è articolata e esaustiva.
Recensione di Valerio Vitelli dal blog A Drop in the Ocean
Il romanzo di Alessandro Forlani, uscito a Novembre 2012 nella collana
Urania classica (per chi di voi fosse vissuto fino ad adesso su Marte,
Urania è una collana mensile di fantascienza da edicola che esce, nel
bene e nel male, ininterrottamente dal 1952) è riuscito nel non facile
intento di far parlare di sè in lungo e in largo per la Blogosfera. Ne
hanno parlato meglio di quanto potrò fare io Davide Mana su "Strategie Evolutive" e Argonauta Xeno sull'omonimo blog.
E' importante che il romanzo ottenga recensioni e discussione
all'interno del fandom, perchè I senza-tempo è anche vincitore del
Premio Urania, il più importante riconoscimento per la narrativa
fantascientifica italiana, e del premio Kipple. Discutere di questo romanzo in un certo senso è quindi tastare il polso del livello della fantascienza in Italia.
Siamo di fronte a quello che gli inglesi chiamerebbero "novelette": il
romanzo è infatti molto breve, 105 pagine. La brevità però non impedisce
a Forlani di raccontare una trama compiuta, dove non manca una buona
dose di azione e adrenalina e di tratteggiare in pochi ma efficaci
passaggi il mondo in cui si svolge la vicenda. I senza-tempo si svolge
in Italia (con buona pace di Fruttero & Lucentini, che sostenevano
che non era possibile ambientare un romanzo di fantascienza nel Bel
Paese), fotografata in tre scansioni temporali: nel 2012, 2024, 2036.
Quello che salta subito all'occhio è che nell'Italia del 2024 e del 2036
quasi nulla è cambiato rispetto a 12 e 24 anni prima: niente
mirabolanti innovazioni tecnologiche, niente cambiamenti sociali,
l'Italia del futuro prossimo sembra calata in una bruma che mantiente
tutto in stasi (il tema del tempo come avrete intuito è cardine
dell'intera vicenda). Anzi, invece del progresso che di solito si
associa al futuro, per Forlani ciò che attende l'Italia è un lungo e
malinconico viale del tramonto: nessuna prospettiva per i giovani,
malfunzionamento delle reti elettriche soprattutto in provincia e di
Internet in tutto il paese, che diventa un medium in secondo piano
rispetto all'onnipresente televisione.
L'Italia dei senza-tempo è un posto che prima di tutto ha perso la
speranza, in cui intere generazioni si sono arrese (penso al personaggio
di Stefano). E' un posto in cui i Senza-tempo, perversi negromanti che
vivono in mezzo a noi, manovrano dietro le quinte e sono in grado più
facilmente di altre epoche di mantenere lo status quo, di stringere le
proprie grinfie sulla realtà . Ma il potere di stasi italiano è così
forte che persino i Senza-tempo si sono arresi a vivacchiare in
un'esistenza borghese, che viene minacciata dal risveglio di Monostatos,
un Senza-tempo di altri tempi e altro linguaggio (per la precisione del
Seicento), il cui unico scopo è l'assoggettamento di tutto sotto la
propria volontà insaziabile.
Ad opporsi a lui tre giovani che già avevano incontrato Monostatos
durante l'infanzia (una reminiscenza dell'It kinghiano) e una
fotoreporter all'apice della sua carriera, per la quale deve ringraziare
proprio il neo-risvegliato Senza Tempo.
La narrazione di Forlani è un po' schizofrenica: salta freneticamente
nello spazio e nel tempo, anticipando o ritardando gli eventi. Nelle
intenzioni dell'autore questo stile dovrebbe imitare il montaggio
serrato che si ha nel cinema. Sicuramente il ritmo ne giova, ma ho
trovato che il romanzo ne esca un po' sballato: la costruzione della
tensione e della suspence è imperfetta, abbondano gli anti-climax. Forse
è un effetto voluto ma potrebbe anche indicare qualche lacuna nel
controllo della narrazione.
Forlani fa abbondante uso di immagini horror, quasi splatter: ma le
descrizioni sono asciutte e soprattutto sono improvvise, nette, come la
lama di un rasoio. Non indugia mai su qualche particolare sgradevole,
non si abbandona mai all'autocompiacimento.
Forlani, come altri autori di fantascienza italiana, adotta un punto di
vista essenzialmente pessimistico. Questo atteggiamento l'ho giÃ
riscontrato in Vittorio Catani e Vittorio Curtoni, due pesi massimi della
fantascienza italica e anche Valerio Evangelisti ci prospetta un futuro
difficile: sembra che per la fantascienza nostrana la speranza in un
futuro migliore sia praticamente nulla. E' probabile che, vista la
situazione attuale, abbiano ragione loro, ma mi piacerebbe vedere nei
nostri autori un atteggiamento più ottimista, più speranzoso. I momenti
di crisi infatti spesso sono anche momenti di opportunità , ed è anche
compito della narrativa dell'immaginario quale è la fantascienza
tratteggiare futuri possibili dove non tutto va per il verso sbagliato.
Accompagnano il romanzo cinque racconti legati tra loro dalla presenza dei senza-tempo. Anche questi sono racconti cupi, in cui l'Italia è spacciata. Addirittura nell'ultimo racconto, All'inferno Savoia!, si evince come il destino dell'Italia fosse segnato fin dall' inizio.
Sarà l'influenza de Il tempo è un bastardo (uno dei migliori romanzi del 2012 sin qui), ma trovo che sarebbe molto interessante leggere una raccolta di racconti interconnessi tra di loro a tema Senza-Tempo. Trovo che il romanzo a mosaico sia un tipo di narrazione particolarmente adatto al tema del tempo.
Accompagnano il romanzo cinque racconti legati tra loro dalla presenza dei senza-tempo. Anche questi sono racconti cupi, in cui l'Italia è spacciata. Addirittura nell'ultimo racconto, All'inferno Savoia!, si evince come il destino dell'Italia fosse segnato fin dall' inizio.
Sarà l'influenza de Il tempo è un bastardo (uno dei migliori romanzi del 2012 sin qui), ma trovo che sarebbe molto interessante leggere una raccolta di racconti interconnessi tra di loro a tema Senza-Tempo. Trovo che il romanzo a mosaico sia un tipo di narrazione particolarmente adatto al tema del tempo.
Accompagnano il romanzo e i racconti di Forlani due ulteriori racconti,
"Lo scambiatore" di Marco Migliori, vincitore del Premio Stella Doppia e
"Suburbi@ Drive" di Dario Tonani. Il primo è un racconto di stampo
classico con qualche influenza Dickiana, bello, il secondo ambientato
sulla strada e dal retrogusto punkeggiante, che mi ha lasciato un po'
freddino.
In conclusione, nel complesso dò al volume tre stelle su cinque, in attesa di leggere altro di Forlani.
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Mini-bio
- Alessandro Forlani
- sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere in questo modo.
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