«Si susseguivano sulle pareti dell’appartamento istantanee mostruose di mutilati nei lager iraniani; un tappeto di cadaveri in un college nell’Illinois; un groviglio di lamiere e viscere su un’autostrada tedesca; corpi gonfi vomitati dal mare sulle spiagge di Agrigento; un appartamento a Lomazzo tutto chiazzato di sangue».
Eccolo lì, a pagina 29, il riferimento lariano che ci fa parlare di un romanzo di successo, I senza-tempo (pp. 215, 4,90 euro in edicola e su Amazon in formato ebook a 2,99 euro), con cui Alessandro Forlani, classe 1972, docente di sceneggiatura all’Accademia di Belle Arti di Macerata, ha vinto il prestigioso premio “Urania” indetto dall’omonimo mensile di fantascienza Mondadori diretto da Giuseppe Lippi. Forlani sta ora lavorando ad altri racconti steampunk (filone che introduce una tecnologia anacronistica in un’ambientazione storica), che usciranno in primavera.
Perché Lomazzo? Anzitutto inquadriamo I senza-tempo: un romanzo di fantascienza a suo modo innovativo nel panorama italiano. Che avvince, inorridisce e fa pensare, il che per un libro che esce in una collana storica per l’intrattenimento (dove sono comparsi nomi come Ballard, Dick e Gibson) non è affatto poco. È una satira fatta di alchimie barocche e abitata da antichi negromanti e raccapriccianti terminator-cyborg, gli Archiburoboti, che uccidono e raccolgono vittime sacrificali per un “signore oscuro”, tipo il Voldemort della saga di Harry Potter ma molto più trucido, tanto che si ciba di corpi umani, con particolare predilezione per i bambini. È una specie di Hellraiser che risorge dal XVII secolo, e ha molti altri simili “dormienti” lungo la Penisola, celati sotto mentite spoglie di professioni rispettabili come il notaio e il commercialista. È anche l’occasione per mettere alla berlina vizi e marciumi del nostro Paese, immaginando un’Italia del 2036 che ha estremizzato i propri difetti ed è governata da un segreto abominevole.
«Ho citato Lomazzo perché vi abita un’amica attrice dialettale, Domitilla Colombo, presso cui fui ospite qualche anno fa. Nel mio romanzo, la redazione di un quotidiano chiede alla fotoreporter Clara, implicata nella vicenda degli Archiburoboti, foto di una di quelle insospettabili, orrende stragi di cui si legge di tanto in tanto in cronaca nera, che si consumano in piccole, insospettabili e altrimenti tranquille località. E Lomazzo mi sembrava adatta».
«Penso alla strage di Erba, al delitto di Cogne, all’oscura e profonda provincia dei delitti di Jara e di Sara - prosegue Forlani - quei luoghi tranquilli fino al giorno dell’orrore in cui, poi, si scopre che alligna una perversa malvagità. Non abbiamo tutti paura di vivere in luoghi del genere, che il nostro vicino di casa sia un mostro? Parlando con molte persone ho scoperto che è una fobia diffusa (complici i media, credo); io stesso ammetto di guardare con sospetto certi miei bizzarri dirimpettai e condomini».
Del libro si farà un film? «Ogni autore si augura che venga tratto un (buon) film da un suo romanzo: al momento, non c'è nessuna prospettiva in questo senso. Mi fa piacere però che molti lettori si siano accorti della struttura e scrittura filmica del romanzo; l’intenzione era questa».
Accusato da qualche recensore di «eresia», Forlani crede molto nella «contaminazione fra generi» e infatti il libro è tutto un pullulare di riferimenti al cinema e al fumetto. Ma per quanto riguarda la matrice letteraria? «Mi sento debitore agli autori italiani per la formazione culturale, la lingua e lo stile; e ad autori stranieri per l'immaginario e il metodo». Il protagonista “nero” della vicenda, il cattivissimo “senza-tempo” Monostatos, parla un italiano arcaico che farebbe la gioia di un prosatore come Michele Mari, non per nulla cultore di “Urania” fin da bambino. E nel romanzo si trovano riferimenti aulici in alcune scene “splatter” come «minugia» per designare le interiora (da Dante) e «carcame» per designare la carcassa di un animale morto (parola che si trova ad esempio in Rosso Malpelo di Verga). «Lo stile è fondamentale - chiosa Forlani - La scelta delle parole, il ritmo del periodo, può aggiungere alla parola scritta la forza di sensazioni visive, uditive... persino, mi azzardo a dire, tattili e olfattive».
Forse non tutti sanno che se si legge un romanzo di Forlani al contrario poi compare Belzebù.
RispondiElimina!iggaraP itnelivvA itseuq ni atunevneB :-)
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