L'intervista, a cura di Giuseppe Lippi, apparirà su "Urania" di novembre come introduzione al romanzo "I Senza-Tempo"
Come è nata l'idea dei Senza-Tempo e
come ci ha lavorato?
I Senza-Tempo
appaiono in molti miei racconti: incarnano la gerontocrazia come forse il peggior
male del Paese, e molti impulsi degenerati, soprattutto la pedofilia. Li immagino
come scienziati-stregoni che, da almeno il XVII secolo, sposarono le arti
mistiche a certi principi della quantistica e riuscirono in questo modo ad
affrancarsi dalle leggi fisiche. Piuttosto che elevarli alla condizione di
illuminati, come pretendono le discipline esoteriche, questo potere pervertì il
loro carattere e li rese antropofagi. Inoltre i Senza-Tempo sono costretti, per
protrarre le loro vite contro natura, a sottrarre energia dalla realtà
circostante, sfilacciarne il tessuto, sfasando persone e cose nello spazio e
nel tempo. Il loro unico, maligno scopo è perpetuare le loro empie esistenze; sono
menti malate, crudeli e potenti che divorano l’altrui realtà, soprattutto
l’altrui futuro. Dopo molti, troppi
racconti in cui questi figuri si ostinavano a tornare, ho deciso di dedicare
loro un romanzo che esprimesse, anche, un confronto fra ciò che i Senza-Tempo
rappresentano e il disagio e l’immaginario della mia generazione. La stesura in
principio andò a rilento, poi fui stimolato a completare il progetto dall’essermi
trovato in finale al Premio Urania 2010; mi sono convinto che il mio lavoro
potesse interessare la collana e, da luglio a ottobre dello stesso anno, sono
tornato sul manoscritto.
Poiché credo che
il lettore di domani sarà un lettore sempre più "cinematografico", benché
consapevole che la prosa non è
sceneggiatura, ho strutturato il racconto cercando di imitare le tecniche di
scrittura e montaggio del cinema: l’alternanza dei punti di vista e l’uso
dell’imperfetto simulano modi quali il campo/controcampo, il piano sequenza, i
movimenti di macchina, la durata di un’inquadratura… Pur trattandosi di
narrativa "di genere" i Senza-Tempo è anche un esperimento. Spero che il
lettore apprezzerà il tentativo.
Vorrei sapere perché la sua generazione è affascinata
dalla donna combattiva e marziale, come nel romanzo è Nausicaa (anzi Nauzika).
Da dove venga - se dai manga e dalle anime, dai film hollywoodiani o dalle serie
TV - il culto del personaggio fragile che poi si riscatta, ma che "non
nasce eroe".
Non mi sento di
esprimermi a nome della mia generazione: ognuno ha le proprie, personali
infatuazioni. Certo da Red Sonja, Lady Oscar, Lara Croft, Elektra fino a Beatrix
di Kill Bill - e quante non ne ho
citate? Tante e formidabili! - le eroine guerriere hanno segnato l’immaginario.
Il loro fascino è erotico e marziale, bellissime e letali, un ovvio eros-thanatos. Ma, come anche ripete
spesso James Cameron, regista di molti film di donne-combattenti, credo che
questo genere di personaggi femminili affascini come "madri che proteggono". Da
parte mia mi ritengo ispirato più dal cinema e dal fumetto occidentale che dai manga o gli anime giapponesi, che non conosco granché. Mi affascinano certi
culti femminili e lunari: Ecate, Atena uscita armata dal cranio di Zeus e Diana
implacabile cacciatrice; la Vergine Maria e Maddalena dei Catari… La stessa Nausicaa, che diventa Nauzika, non è un omaggio a Miyazaki, altrove citato nel corso del romanzo: ho usato il nome, mi hanno detto i miei genitori, che avrei avuto se fossi nato femmina.
Circa "il
personaggio che non nasce eroe, ma che poi si riscatta", trovo che sia l’effetto
di ormai due decenni di modello narrativo del "viaggio" di Chris Vogler: applicato "a tappeto" a cinema, narrativa e televisione. Lo scorso anno ho provato a far
caso, per statistica, a quanti film-blockbuster lo adottassero: tutti. Senza eccezioni e con minime
variazioni. Né mi stupisce che venga tanto apprezzato da autori e pubblico,
visto che si tratta di una struttura derivata da archetipi.
Da un punto di vista teorico, crede davvero - come
accenna in uno dei passi più interessanti del libro - che la fisica moderna e
la stregoneria abbiano qualche legame in comune?
Non la
stregoneria com’è intesa in occidente; ma certe letture di Ernesto De Martino
sullo sciamanesimo, o sulle pratiche e i principi del misticismo orientale… beh,
possono sollevare inquietanti interrogativi.
Parliamo un po' della negromanzia, questa antichissima
arte per viaggiare nel tempo...
Per essere
precisi: la negromanzia (dal greco νεκρομαντεία, nekromanteía,
composto di νεκρός "morto" e μαντεία "predizione") è l’arte di
predire il futuro a mezzo dell’evocazione degli spiriti dei defunti; oppure la
messa in atto di pratiche cerimoniali, o di magia cerimoniale, in cui si
utilizzano parti di cadavere. Per esempio: la celebre e disgustosa "Mano di
Gloria". Per esteso, negromanzia è
divenuto il termine con cui si chiamano tutte le pratiche di magia nera:
dall’affatturazione all’evocazione di spiriti infernali. Sfogliando i grimori (ovvero "manuali") che ci sono
pervenuti, la maggior parte dei quali "contaminati" dal XIV al XIX secolo dalla
tradizione cristiano-cattolica, si possono trovare istruzioni per operare gli
incantesimi più improbabili: dal "come far danzare nuda una fanciulla" all’ "inchiodare
i nemici". Alcuni più inquietanti incanti però, quali per esempio "come
percorrere grandi distanze pur rimanendo fermi in un luogo", o ciò che gli
occultisti moderni chiamano "uscita in corpo astrale", mi hanno ispirato l’idea
di scienziati-stregoni capaci di attraversare e annullare anche il tempo.
Infine, ci parli della sua vita attuale, dei racconti
che ha già pubblicato e dei progetti che ha in cantiere.
Sono uno dei
molti precari dell’Accademia italiana: concorro ogni anno a più incarichi
possibile in diverse città e in diversi istituti, per ottenere a fine anno qualcosa
che è ancora piuttosto lontano da quello che si chiama uno stipendio. Attualmente mi sposto da Pesaro dove vivo a Macerata,
dove insegno Progettazione Multimediale presso l’Accademia di Belle Arti, a
Rimini dove svolgo attività di tutor per il locale Polo dell’Università di
Bologna; a Pescara dove insegno Scrittura Creativa presso Scuola Comic. Molte
centinaia di chilometri e molti treni ogni settimana! Riguardo la scrittura, dopo
aver pubblicato nel 2008 il romanzo fantastico Tristano (Edizioni Joker), nel 2011 l’antologia steampunk Qui si va a vapore o si muore! (Pyra) e
aver partecipato a iniziative indipendenti come quelle promosse sul web dagli
ottimi Alessandro Girola del blog "Plutonia Experiment" o Giovanni Grotto ("Minuetto
Express"), sto portando a termine un planetary-romance ambientato ai confini di una barocca Via Lattea del XXVII secolo. Tuttavia, più
lavoro più mi accorgo che sono piuttosto portato (e interessato) ai racconti:
mi sembrano strutture più adatte ai ritmi e alla sensibilità del lettore
contemporaneo. Né posso fare a meno di riflettere che proprio i racconti mi
hanno meritato prestigiosi riconoscimenti quali i premi "Circo Massimo" e "Nella Tela" di Edizioni XII. Dopo il tema dei Senza-Tempo, vorrei interrogarmi,
ancora a mezzo della lente del fantastico e della fantascienza, sull’aderenza
del linguaggio alla realtà e su certe forme di degrado della società apparentemente
ineluttabili. Obbiettivi presuntuosi e ambiziosi, mi rendo conto: ma anche uno
scrittore deve pur diventare adulto, no?