Recensione di Francesco La Manno dal sito Italian Sword & Sorcery
1. 2025: Fuga dall’Italia Generalmente siamo abituati a differenziare i generi di narrativa in molteplici branche che talvolta presentano anche solo minime sfumature. H.P Lovecraft soleva invece distinguere tra letteratura: romantica, intendendo con tale termine quella narrativa per lettori che amano le azioni e le emozioni fini a sé stesse; realistica, rivolta a coloro che sono analitici e razionali e che fanno leva sulla ragion pura; fantastica, che si dedica all’arte nel suo significato fondamentale amplificando l’immaginario, gli stati d’animo e rivolta ai lettori più sensibili[1].Analizzando magistralmente l’attuale congiuntura in cui, a seguito di una crisi economica ormai decennale, sta per giungere una nuova e lunga recessione[2], Alessandro Forlani si cimenta nella scrittura di T[3], un romanzo che appartiene a buon diritto alla terza di queste categorie ma che comunque valica le tradizionali classificazioni e che rappresenta una profonda critica al sistema politico odierno.L’Autore, sul fronte dell’occupazione, pare concordare con Zygmunt Bauman, secondo il quale:“Flessibilità è la parola d’ordine del giorno, e quando viene applicata al mercato del lavoro essa preconizza la fine del lavoro così come lo intendiamo e annuncia invece l’avvento del lavoro con contratti a termine o senza contratto, posizioni prive di qualsiasi sicurezza, ma con la clausola fino a ulteriori comunicazioni[4].”Non è peregrino affermare che la modernità liquida ci ha condotto in una fase ciclica di disoccupazione di lunga durata e ha generato la peculiare figura del lavoratore che non solo non trova un’occupazione, ma, ormai scoraggiato dai vani reiterati tentativi, evita anche di provarci[5].Tutto ciò, era già stato preconizzato da Karl Polanyi, che affermava:“Separare il lavoro dalle altre attività della vita ed assoggettarlo alle leggi del mercato significava annullare tutte le forme organiche di esistenza e sostituirle con un tipo diverso di organizzazione, atomistico e individualistico[6].”E proprio tale circostanza viene utilizzata come spunto letterario da Forlani per scrivere T. Siamo nel 2025 e l’Italia è diventata uno stato di polizia che prevede per i NEET (not in education, employment or training), cioè a dire coloro che non sono occupati in una mansione professionale, che non la cercano e che non studiano, l’applicazione del Pointless Act. Nella fattispecie, si tratta di una norma draconiana che prevede la detenzione per tali individui, i quali vengono sedati, collegati con cavi, aghi, fili elettrici e tiare di cristallo a dei macchinari, nutriti con flebo di brodo blu, proiettati in una prigione onirica a scopo rieducativo e osservati dai controllori.L’Autore ci dice che:“In Italia, dieci anni or sono, se ne contavano venti milioni. C’era un governo del fare subito, qualche ministro li disse inutili: e, col Pointless Act, chi fu superfluo fu fuorilegge […] L’età critica è vent’anni, quando abbandoni l’università: perché ti accorgi che non serve a nulla, cerchi un lavoro però non c’è. Ma un mondo intero di indaffarati sembra accusarti che sbagli tu. Poi ci sono, poveretti, i quaranta e cinquantenni che non hanno più un impiego, non si inseriscono, sono obsoleti o sono troppo specializzati. Ti lasci andare, non ti riprendi e in capo a un anno finisci qui[7].”È evidente in questo caso la riprova di Forlani nei confronti dei precedenti governi che non hanno posto in essere misure idonee a porre rimedio alla profonda crisi del lavoro che attanaglia il nostro paese.Inoltre, nel libro i detenuti vengono descritti in questo modo:“Quei volti pallidi tutti uguali e strafottenti nel silenzio, nella loro ottusa colpa di cui prendersi la briga. Di curarli, di accudirli; la redenzione di adolescenti. Rughe, e piaghe da decubito, che li affliggevano in quel loro sonno; corpi esausti ed anoressici di desideri e pretese obese[8].”A ben vedere, tale sistema ricorda il Panopticon di Jeremy Bentham, un edificio circolare in cui i prigionieri erano collocati in celle separate da pareti per impedire qualsiasi comunicazione. Al centro dello stabile vi era una torre dove risiedeva l’ispettore, preposto a controllare l’operato dei detenuti. In questo istituto dovevano essere rinchiusi i folli, i malati, i scolari, gli operai, e criminali e, grazie a un particolare effetto di controluce, era possibile scorgere ogni mansione svolta dagli utenti[9].Secondo Bentham, bisognava:
“Punire i pazzi, riformare i viziosi, isolare i sospetti, impiegare gli oziosi, mantenere gli indigeni, guarire i malati, istruire quelli che vogliono entrare nei vari settori dell’industria, o fornire l’istruzione alle future generazioni: in una parola sia che si tratti delle prigioni a vita, nella camera della morte, o di prigioni d’isolamento prima del processo, o penitenziari, o case di correzione, o case di lavoro, o fabbriche, o manicomi, o ospedali, o scuole[10].”
Sul punto, Michel Foucault ha rilevato che le misure di controllo, costrizione e coercizione costituiscono la contropartita al liberalismo garantito alla popolazione dai governi democratici[11].
In ogni modo, tornando all’opera, molteplici persone non accettano di buon grado di piegarsi a questo sistema giuridico e scelgono la lotta armata nei confronti dell’ordine costituito, anche se la risposta della pubblica autorità a tali trasgressioni comporta pene crudeli e talvolta anche la morte.
È evidente che ci troviamo dinanzi a un futuro distopico dove Forlani:
“intende descrivere ciò che teme far vedere, come è stato detto, ciò che è brutto può essere ancora più brutto. Dunque, i suoi incubi, i suoi terrori, le personali anticipazioni di un nefasto futuro i cui semi appaiono (ed è su questo che si fonda principalmente la paura) già piantati nella realtà odierna, nel presente che viviamo[12].”
Sul punto, occorre rilevare che Walter Catalano e Gian Filippo Pizzo, nella recente Guida ai narratori italiani del fantastico, hanno evidenziato che la distopia è il genere che gli scrittori progressisti prediligono all’ucronia, atteso che la loro narrazione ha il fine precipuo di mettere in luce gli elementi negativi della società, proiettandoli nell’immaginario[13].
2. Thantolia
Come abbiamo visto dianzi, i NEET, o le persone che si ribellano al sistema distopico, vengono catturati e imprigionati. Ma ciò che non si è specificato è il fatto che la mente dei detenuti viene proiettata su Thanatolia[14] che, ora, comprendiamo essere un universo onirico dove costoro scontano la propria pena. L’immenso continente necropoli che ricorda Zothique[15] di Clark Ashton Smith è una putrida palude in cui sono presenti due sole città, ovvero Handelbab e Tijaratur, e dove l’attività principale degli abitanti è il commercio di tesori e manufatti. Qui, la scienza è limitata e domina la negromanzia in perfetta assonanza allo sword and sorcery[16], anche se comunque sono presenti tecnologie anacronistiche come l’iPad.
Nondimeno abbiamo anche creature mostruose come i lymeniti, umanoidi con la pelle plumbea, tribali e sfregi, e gli Avvoltuomini, volatili antropomorfi che ricordano i garuda[17]della tradizione induista e che vengono descritti come:
“Uccelli mangiacadaveri con il volto e membra umane, ma anche uomini deformi coi runcigli da avvoltoio. Erano flaccidi, bianchi e nudi con la pelle accapponata, e arruffati dalle piume sozze e rosse di poltiglia. Masticavano frattaglie, gli arti mozzi di caduti, li mordevano e beccavano, li ingollavano e leccavano; si trasformavano incessantemente senza mai essere avvoltoi né uomini[18].”
Non mancano nemmeno gli Scannatori:
“Grida rauche di massacro, strozzi orrendi di caduti, gorgoglio di icori e carni trapassate dai coltelli. Lo schiocco orribile e disgustoso di cartilagini lacerate, ferro e ferro che incrociarono e ragliarono rabbiosi. I torsi nudi sudati e rossi di quella muta di allucinati. Ami e ganci da macello nelle orecchie e le narici, collane e ciondoli di ossicini budella umane mummificate. Mulinavano mannaie, morsicavano, mangiavano[19].”
Pertanto Thanatolia appare un girone dantesco dove i prigionieri si manifestano come i dannati dell’Inferno che per contrappasso debbono subire atroci supplizi:
“Uno dei mostri le stava sopra, appollaiato su un crocefisso, a beccarle il cranio aperto e ingozzarsi del cervello. Morso a morso. Lentamente. Quegli occhi neri eccitati enormi. Che bruciavano – era certo – più di invidia che di fame[20].”
Le vivide descrizioni dei luoghi ci consentono di affermare che siamo a tutti gli effetti in un mondo secondario organico, autoconsistente, coerente e governato da proprie leggi che lo fanno apparire reale[21] ma che allo stesso tempo mantiene profonde connessioni con il nostro tanto da renderlo magico e unico[22]. Il che ovviamente ci permette di soggiungere, in ossequio a quanto rilevato da Michele Tetro, che siamo di fronte a un “Medioevo americano”, inteso come un universo avulso dalla storia, nel quale la scienza è primitiva, opera la magia, vi sono stregoni, guerrieri, cavalieri, mostri e battaglie all’arma bianca[23].
3. Alexander Pathemet, il negromante
Nell’opera in discussione vi sono numerosi richiami all’esoterismo che, per evidenti motivi di spazio, non è possibile esaminare in questa sede. Su tutti, possiamo evidenziare il serpente coronato simbolo dai molteplici significati tra cui lo sviluppo, il riassorbimento ciclico, l’eternità, l’antenato mitico e l’eroe civilizzatore che si incarna e si sacrifica per il genere umano[24].
Un personaggio che assume particolare importanza è Alexander Pathemet, un crudele negromante ricercato dalla polizia che presenta le tipiche caratteristiche di cui ci parla la tradizione.
In primo luogo, quando giunge in un determinato luogo viene esalato:
“l’odore acidulo di spazzatura: gatti e ratti si azzittirono, si acquattarono ai bidoni, l’olezzo orribile dei malefici strisciò nel vicolo e grattò porte[25].”
Inoltre, viene temuto e ostracizzato dalla generalità dei consociati[26]:
“L’ombra tetra, l’aura nera, l’empia aureola di Pathemet scacciò impaurite le prostitute cani randagi e borseggiatori: non osavano guardarlo, si rannicchiavano ai muri sordidi[27].”
Come tutti gli stregoni, Pathemet è dotato di immensi poteri occulti che gli consentono addirittura di impossessarsi del corpo di altre persone, al fine di perpetuare la sua malefica opera negromantica:
“Penetrò le carni e il senno di quell’utile imbecille: era vivo – ch’era un bene – ma anche, in pratica, già morto. Tornava comodo alla possessione che il poverino non si opponesse, ma come involucro non sarebbe durato troppo a lungo. Sperò almeno avrebbe retto fino alla Loggia di Sottoterra, si augurò che i suoi Fratelli non si offendessero per quel carcame. Spense il lume di coscienza e dell’essenza del moribondo: era stato un taglialapidi, visse sempre giorni ingrati, lasciava moglie e due figli piccoli che non avevano sostentamento[28].”
Sarebbe necessario continuare lo scritto per argomentare a dovere il romanzo in esame, atteso che gli elementi in esso presenti consentono di effettuare una serie infinita di riflessioni e considerazioni in svariate discipline dello scibile umano.
La ricognizione, purtroppo, deve finire.
In T, Alessandro Forlani mette in scena una vera e propria opera magna nella quale, in meno di duecento pagine, inserisce tutto il suo vasto bagaglio culturale che concerne la speculative fiction, la storia, la scienza politica, la sociologia, la filosofia, l’economia, l’antropologia, l’esoterismo, la storia delle religioni e dove viene palesato il suo furore per l’attuale e penosa situazione socio-economica del nostro Paese. Il libro sfugge da qualsivoglia schema fisso di categorie della narrativa e consente al lettore di viaggiare in universo fantastico ma che al contempo risulta tanto reale da apparire il nostro. Realtà e fantasia nella tagliente prosa forlaniana si fondono e si confondono causando volontariamente lo sgomento da parte del lettore a cui vengono spalancati i battenti dei siderali terrori primevi della natura umana.
NOTE E BIBLIOGRAFIA
[1] Cfr. Howard P. Lovecraft, Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici, Bietti, Milano, 2018, p. 81.
[2] Cfr. Roberto Marchesi, Questo ciclo economico è alla fine. Un’altra recessione è alle porte, in Il Fatto Quotidiano del 27 agosto 2018, https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/27/questo-ciclo-economico-e-alla-fine-unaltra-recessione-e-alle-porte/4582719/
[3] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, 2018, edizione digitale.
[4] Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari, 2010, cit. p. 170.
[5] Cfr. Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, Elementi di sociologia, Il Mulino, Bologna, 2013, p. 289-290.
[6] Karl P. Polanyi, La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca, Einaudi, Torino, cit. p. 2010.
[7] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[8] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[9] Cfr. Jeremy Bentham, Panopticon ovvero la casa d’ispezione, Marsilio, Venezia, 2009, p. 37
[10] Jeremy Bentham, op. cit., cit. p. 36
[11] Michel Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 67.
[12] Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Le meraviglie dell’impossibile, a cura di Luca Gallesi, Mimesi, Sesto San Giovanni, 2016, cit. p. 150.
[13] Walter Catalano, Gian Filippo Pizzo, Andrea Vaccaro, Guida ai narratori italiani del fantastico. Scrittori di fantascienza, fantasy e horror made in Italy, Odoya, Bologna, 2018, p. 257.
[14] AA. VV., Thanatolia. Crypt marauders chronicles, Watson edizioni, Roma, 2018.
[15] Clark A. Smith, Zothique, Editrice Nord, Milano, 1977; Clark A. Smith, Atlantide e i mondi perduti, Mondadori, 2017.
[16] Cfr. de Camp Lyon S., Introduzione, in Robert E. Howard, Conan il conquistatore, Editrice Nord, 1972.
[17] Cfr. Jorge L. Borges, Margarita Guerrero, Manuale di zoologia fantastica, a cura di Glauco Felici, Einaudi, Torino, p. 70-71.
[18] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[19] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[20] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[21] Cfr. John R.R. Tolkien, Il Medioevo e il fantastico, Luni editrice, Milano, 2000, p. 208.
[22] Cfr. Jacques Berger, Elogio del fantastico, Il Palindromo, Palermo, 2018, p. 34.
[23] Cfr. Michele Tetro, Robert E. Howard e gli eroi dalla Valle oscura, Odoya, Bologna, 2018, p. 16.
[24] Cfr. Chevalier Jean, Alain Gheerbrandt, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, BUR RIZZOLI, 2016, p. 922.
[25] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[26] Cfr. Faggin Giuseppe, Le streghe, Neri Pozzi Editore, Milano 1995, p. 56.
[27] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[28] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
“Punire i pazzi, riformare i viziosi, isolare i sospetti, impiegare gli oziosi, mantenere gli indigeni, guarire i malati, istruire quelli che vogliono entrare nei vari settori dell’industria, o fornire l’istruzione alle future generazioni: in una parola sia che si tratti delle prigioni a vita, nella camera della morte, o di prigioni d’isolamento prima del processo, o penitenziari, o case di correzione, o case di lavoro, o fabbriche, o manicomi, o ospedali, o scuole[10].”
Sul punto, Michel Foucault ha rilevato che le misure di controllo, costrizione e coercizione costituiscono la contropartita al liberalismo garantito alla popolazione dai governi democratici[11].
In ogni modo, tornando all’opera, molteplici persone non accettano di buon grado di piegarsi a questo sistema giuridico e scelgono la lotta armata nei confronti dell’ordine costituito, anche se la risposta della pubblica autorità a tali trasgressioni comporta pene crudeli e talvolta anche la morte.
È evidente che ci troviamo dinanzi a un futuro distopico dove Forlani:
“intende descrivere ciò che teme far vedere, come è stato detto, ciò che è brutto può essere ancora più brutto. Dunque, i suoi incubi, i suoi terrori, le personali anticipazioni di un nefasto futuro i cui semi appaiono (ed è su questo che si fonda principalmente la paura) già piantati nella realtà odierna, nel presente che viviamo[12].”
Sul punto, occorre rilevare che Walter Catalano e Gian Filippo Pizzo, nella recente Guida ai narratori italiani del fantastico, hanno evidenziato che la distopia è il genere che gli scrittori progressisti prediligono all’ucronia, atteso che la loro narrazione ha il fine precipuo di mettere in luce gli elementi negativi della società, proiettandoli nell’immaginario[13].
2. Thantolia
Come abbiamo visto dianzi, i NEET, o le persone che si ribellano al sistema distopico, vengono catturati e imprigionati. Ma ciò che non si è specificato è il fatto che la mente dei detenuti viene proiettata su Thanatolia[14] che, ora, comprendiamo essere un universo onirico dove costoro scontano la propria pena. L’immenso continente necropoli che ricorda Zothique[15] di Clark Ashton Smith è una putrida palude in cui sono presenti due sole città, ovvero Handelbab e Tijaratur, e dove l’attività principale degli abitanti è il commercio di tesori e manufatti. Qui, la scienza è limitata e domina la negromanzia in perfetta assonanza allo sword and sorcery[16], anche se comunque sono presenti tecnologie anacronistiche come l’iPad.
Nondimeno abbiamo anche creature mostruose come i lymeniti, umanoidi con la pelle plumbea, tribali e sfregi, e gli Avvoltuomini, volatili antropomorfi che ricordano i garuda[17]della tradizione induista e che vengono descritti come:
“Uccelli mangiacadaveri con il volto e membra umane, ma anche uomini deformi coi runcigli da avvoltoio. Erano flaccidi, bianchi e nudi con la pelle accapponata, e arruffati dalle piume sozze e rosse di poltiglia. Masticavano frattaglie, gli arti mozzi di caduti, li mordevano e beccavano, li ingollavano e leccavano; si trasformavano incessantemente senza mai essere avvoltoi né uomini[18].”
Non mancano nemmeno gli Scannatori:
“Grida rauche di massacro, strozzi orrendi di caduti, gorgoglio di icori e carni trapassate dai coltelli. Lo schiocco orribile e disgustoso di cartilagini lacerate, ferro e ferro che incrociarono e ragliarono rabbiosi. I torsi nudi sudati e rossi di quella muta di allucinati. Ami e ganci da macello nelle orecchie e le narici, collane e ciondoli di ossicini budella umane mummificate. Mulinavano mannaie, morsicavano, mangiavano[19].”
Pertanto Thanatolia appare un girone dantesco dove i prigionieri si manifestano come i dannati dell’Inferno che per contrappasso debbono subire atroci supplizi:
“Uno dei mostri le stava sopra, appollaiato su un crocefisso, a beccarle il cranio aperto e ingozzarsi del cervello. Morso a morso. Lentamente. Quegli occhi neri eccitati enormi. Che bruciavano – era certo – più di invidia che di fame[20].”
Le vivide descrizioni dei luoghi ci consentono di affermare che siamo a tutti gli effetti in un mondo secondario organico, autoconsistente, coerente e governato da proprie leggi che lo fanno apparire reale[21] ma che allo stesso tempo mantiene profonde connessioni con il nostro tanto da renderlo magico e unico[22]. Il che ovviamente ci permette di soggiungere, in ossequio a quanto rilevato da Michele Tetro, che siamo di fronte a un “Medioevo americano”, inteso come un universo avulso dalla storia, nel quale la scienza è primitiva, opera la magia, vi sono stregoni, guerrieri, cavalieri, mostri e battaglie all’arma bianca[23].
3. Alexander Pathemet, il negromante
Nell’opera in discussione vi sono numerosi richiami all’esoterismo che, per evidenti motivi di spazio, non è possibile esaminare in questa sede. Su tutti, possiamo evidenziare il serpente coronato simbolo dai molteplici significati tra cui lo sviluppo, il riassorbimento ciclico, l’eternità, l’antenato mitico e l’eroe civilizzatore che si incarna e si sacrifica per il genere umano[24].
Un personaggio che assume particolare importanza è Alexander Pathemet, un crudele negromante ricercato dalla polizia che presenta le tipiche caratteristiche di cui ci parla la tradizione.
In primo luogo, quando giunge in un determinato luogo viene esalato:
“l’odore acidulo di spazzatura: gatti e ratti si azzittirono, si acquattarono ai bidoni, l’olezzo orribile dei malefici strisciò nel vicolo e grattò porte[25].”
Inoltre, viene temuto e ostracizzato dalla generalità dei consociati[26]:
“L’ombra tetra, l’aura nera, l’empia aureola di Pathemet scacciò impaurite le prostitute cani randagi e borseggiatori: non osavano guardarlo, si rannicchiavano ai muri sordidi[27].”
Come tutti gli stregoni, Pathemet è dotato di immensi poteri occulti che gli consentono addirittura di impossessarsi del corpo di altre persone, al fine di perpetuare la sua malefica opera negromantica:
“Penetrò le carni e il senno di quell’utile imbecille: era vivo – ch’era un bene – ma anche, in pratica, già morto. Tornava comodo alla possessione che il poverino non si opponesse, ma come involucro non sarebbe durato troppo a lungo. Sperò almeno avrebbe retto fino alla Loggia di Sottoterra, si augurò che i suoi Fratelli non si offendessero per quel carcame. Spense il lume di coscienza e dell’essenza del moribondo: era stato un taglialapidi, visse sempre giorni ingrati, lasciava moglie e due figli piccoli che non avevano sostentamento[28].”
Sarebbe necessario continuare lo scritto per argomentare a dovere il romanzo in esame, atteso che gli elementi in esso presenti consentono di effettuare una serie infinita di riflessioni e considerazioni in svariate discipline dello scibile umano.
La ricognizione, purtroppo, deve finire.
In T, Alessandro Forlani mette in scena una vera e propria opera magna nella quale, in meno di duecento pagine, inserisce tutto il suo vasto bagaglio culturale che concerne la speculative fiction, la storia, la scienza politica, la sociologia, la filosofia, l’economia, l’antropologia, l’esoterismo, la storia delle religioni e dove viene palesato il suo furore per l’attuale e penosa situazione socio-economica del nostro Paese. Il libro sfugge da qualsivoglia schema fisso di categorie della narrativa e consente al lettore di viaggiare in universo fantastico ma che al contempo risulta tanto reale da apparire il nostro. Realtà e fantasia nella tagliente prosa forlaniana si fondono e si confondono causando volontariamente lo sgomento da parte del lettore a cui vengono spalancati i battenti dei siderali terrori primevi della natura umana.
NOTE E BIBLIOGRAFIA
[1] Cfr. Howard P. Lovecraft, Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici, Bietti, Milano, 2018, p. 81.
[2] Cfr. Roberto Marchesi, Questo ciclo economico è alla fine. Un’altra recessione è alle porte, in Il Fatto Quotidiano del 27 agosto 2018, https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/27/questo-ciclo-economico-e-alla-fine-unaltra-recessione-e-alle-porte/4582719/
[3] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, 2018, edizione digitale.
[4] Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Bari, 2010, cit. p. 170.
[5] Cfr. Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, Elementi di sociologia, Il Mulino, Bologna, 2013, p. 289-290.
[6] Karl P. Polanyi, La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca, Einaudi, Torino, cit. p. 2010.
[7] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[8] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[9] Cfr. Jeremy Bentham, Panopticon ovvero la casa d’ispezione, Marsilio, Venezia, 2009, p. 37
[10] Jeremy Bentham, op. cit., cit. p. 36
[11] Michel Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France, Feltrinelli, Milano, 2005, p. 67.
[12] Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Le meraviglie dell’impossibile, a cura di Luca Gallesi, Mimesi, Sesto San Giovanni, 2016, cit. p. 150.
[13] Walter Catalano, Gian Filippo Pizzo, Andrea Vaccaro, Guida ai narratori italiani del fantastico. Scrittori di fantascienza, fantasy e horror made in Italy, Odoya, Bologna, 2018, p. 257.
[14] AA. VV., Thanatolia. Crypt marauders chronicles, Watson edizioni, Roma, 2018.
[15] Clark A. Smith, Zothique, Editrice Nord, Milano, 1977; Clark A. Smith, Atlantide e i mondi perduti, Mondadori, 2017.
[16] Cfr. de Camp Lyon S., Introduzione, in Robert E. Howard, Conan il conquistatore, Editrice Nord, 1972.
[17] Cfr. Jorge L. Borges, Margarita Guerrero, Manuale di zoologia fantastica, a cura di Glauco Felici, Einaudi, Torino, p. 70-71.
[18] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[19] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[20] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[21] Cfr. John R.R. Tolkien, Il Medioevo e il fantastico, Luni editrice, Milano, 2000, p. 208.
[22] Cfr. Jacques Berger, Elogio del fantastico, Il Palindromo, Palermo, 2018, p. 34.
[23] Cfr. Michele Tetro, Robert E. Howard e gli eroi dalla Valle oscura, Odoya, Bologna, 2018, p. 16.
[24] Cfr. Chevalier Jean, Alain Gheerbrandt, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, BUR RIZZOLI, 2016, p. 922.
[25] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[26] Cfr. Faggin Giuseppe, Le streghe, Neri Pozzi Editore, Milano 1995, p. 56.
[27] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
[28] Alessandro Forlani, T, autoprodotto, edizione digitale, cit.
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