Disponibile in pdf, e.pub e on line sul sito Heroic Fantasy Italia il racconto Il Cammino di un Cavaliere; appartenente al ciclo Crypt Marauders Chronicles.
Copertina di Gino Carosini e recensione di Raffaele Izzo.
Questo che andiamo ad analizzare è il secondo racconto di un progetto, Crypt Marauders Chronicles, organizzato da Heroic Fantasy Italia, di cui parleremo spesso in questa rubrica. A mio avviso si prospetta come uno degli esperimenti più interessanti di questo 2018.
Riservandomi un altro articolo sul progetto totale affronterò oggi il punto centrale che mi preme. Raramente nella letteratura italiana di genere contemporanea mi capita di imbattermi in uno scrittore che possieda uno stile personale e creativo. Il Forlani di questo racconto mi ha veramente stupito da questo punto di vista. Premetto (e chiedo venia, ma colmerò presto la lacuna) che non conosco altri suoi scritti.
Lo stile, dicevamo. Come potremmo definire questa scrittura che si attorciglia su se stessa, si involve e poi esplode in un fuoco d’artificio di retorica barocca adattata ad un uso moderno? Si sente nell'autore la padronanza di quello che noi chiamiamo Espressionismo Astratto: il linguaggio si fa materia viva, ne sentiamo la matericità, sino ad arrivare a percepire il puzzo e gli orrori di questa terra dei morti che si snocciola pian piano davanti a noi. Questo presuppone una cultura letteraria italica che arriva lontano, in quegli esperimenti linguistico-materici, che, da Arbasino e Gadda, vanno indietro sino al nostro Barocco e Medioevo. E poi l’uso sapiente di ripetizioni e concatenazioni. Basti l’incipit per apprezzarlo in questo poco spazio:
Markus Ahler si spogliò dell'armatura cesellata, la insaccò di corde e iuta e la nascose fra le fronde, fra i rami neri e ritorti e grossi dei cipressi secolari. Tenne lo scudo, la spada e l'elmo posati al tronco di fianco a sé.
Ancora un breve passo per sentire il ritmo della scrittura, le sue onde labirintiche:
Quella marmaglia guardò all'oceano di pietre morte, croci ed obelischi che si estendeva per miglia orrende nella nebbia a pie' del colle, la sconfinata ed eterna tomba del Continente degli Inumati. Quei cancelli e scale e pozzi che scendevano alle cripte, gli accessi infidi dei mausolei, quelle chiocciole ritorte, rassomigliavano a fauci e gole mai satolle di imbecilli, studiosi illusi e predoni avidi di segreti e di reperti. Ori improbabili ed argento e perle scintillavano alle Lune, e ammiccavano agli stolti dalle tane dei soprofagi. Libri antichi, pergamene, gli incunaboli e grimori scricchiolavano nei feretri fra le falangi dei saggi morti: l'inconfutabile ed estrema prova di certe inutili filosofie. Ogni pensiero illazione e tesi e i sillogismi di Thanatolia precipitavano agli abissi gelidi e ineluttabili della morte, la cancerogena assiduità del demoniaco e il maleficio. Benché i mari si accanissero sulle spiagge del Continente, quasi volessero allontanarlo dal mondo sano, vivente e diurno, ciononostante - si disse Markus: sempre stupito dei suoi compari - ecco uomini, a milioni, che vi accorrono infoiati... benché incupiscano e rabbrividiscano all'evidenza di questo nulla. Io non sono uno di loro?
Il racconto è un crescendo di emozioni sempre più addentro in questo incubo orrorifico. Ma il fascino che ne traspare non è tanto legato all'esito della vicenda, quanto all'estro affabulatorio, al trascinarci sempre più nelle crepe della materia viva di questo mondo putrido e folle. Aspettiamo con trepidazione altri racconti dalle tombe dei morti …
Raffaele Izzo
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