Hiram
intinse il calamo nell'inchiostro di sambuco:
«Tieni
un diario?»
«Informazioni:
sono utili, le vendo.»
«Dovresti
scrivere che falliremo»
gli disse tetro Melkizedek.
«Una
zingara ha predetto che riusciremo e saremo ricchi: lei di
solito ci azzecca, tu sei mago da strapazzo.»
Proseguirono
nel tunnel fino al portale di pietra nera, la fiamma tremula dei loro
lumi schiarì le immagini scolpite in onice. C'era Colei Che
Riabbraccia Gli Orfani e il Signore delle Ossa: si inchinavano, in
catene, a un serafico vegliardo. Lo attorniavano figure, lo adoravano
felici; lui vestiva i panni e i paramenti sacerdotali.
Hiram
tastò smanioso la lastra scura scolpita e lucida per trovare
marchingegni o una leva per aprire:
«Ho
navigato sul Mortirreno, sono sfuggito ai corsari Tjarati, non
frequento più il bordello da... saranno settimane: la penitenza mi
ricompensa, ho trovato il suo sepolcro!»
«Il
Giaciglio di San Paulus, se mai è questo»
dubbiò Melkizedek, «è
una delle tombe più sacre del continente. Profanarlo è un grave
crimine, e vorresti...»
«Lo
farò.»
«Verrò
ad assistere al tuo supplizio, quando i preti lo sapranno.»
Il
necromante voltò le spalle, lo lasciò solo, tornò nel tunnel.
Hiram vide il fuoco della lanterna dell'ex compare allontanarsi e
rimpicciolire in quel budello di oscurità.
«...
e saresti uno stregone! Tu mi fai ridere, non hai le palle!»
Non
gli rispose, tirava dritto.
Poi
udì quel gemito, un lamento soffocato, vide spegnersi il suo lume
e... che se ne accesero parecchi altri.
Affiorarono
dal buio una dozzina di brutti grugni: torce accese, lame in mano e
febbre d'oro negli occhi a mandorla:
«Balba
Khan e i Lupi Verdi! Non vi avevano impiccato?»
L'enorme
barbaro si slegò un cappio dalla cintura di cuoio e borchie, i suoi
uomini ghignarono già gustandosi vendetta:
«Qualche
piccolo infame uomo dell'Occidente ha creduto di fregare il Grande
Maschio del Mar di Grano. Ha spifferato di suo rifugio, eh? Ma
qualche piccolo sporco uomo che morirà, ora, non ha pensato che il
Grande Maschio del Mar di Grano se ne fotte degli sbirri e beccamorti
di Città Grande. Vengo a renderti il servizio.»
«Forse
un giorno, fuori, al sole»,
Hiram si fece animo, «ora siamo in un sepolcro, siamo a
caccia di bottino. Le nostre leggi mi garantiscono: finché si razzia
non puoi toccarmi. O vuoi forse che si sappia che gli onorevoli Lupi
Verdi non rispettano il sacro Patto di Torcia?»
I
bestioni si guardarono come privati di una bistecca; il loro capo,
«ahimè, miei cuccioli», li
convinse a rassegnarsi.
«Aiutatemi
piuttosto ad aprire questa porta: ce ne andremo tutti ricchi,
altroché ripicche inutili!»
Il
lastrone si spostò sotto i bicipiti di quei selvaggi: niente leve né
ingranaggi, si sudarono l'accesso. Gargolle e demoni sull'architrave
li guardarono beffardi: alla luce delle fiaccole, di quei riflessi
corruschi e rossi, il loro ghigno di pietra nera sembrò ad Hiram un
invito.
Il
sepolcro di San Paulus, un'arca enorme piramidale, era attorniato di
ceri bruni dall'aspetto disgustoso, che insudiciavano il pavimento di
pozze calde di grasso umano. Ogni cero era consunto da una fredda
fiamma azzurra.
«Ma
è normale», tremò
Balba, «ardano ancora
da... quanto tempo?»
«È
la tomba di un sant'uomo, è un miracolo divino»,
Hiram provò a convincersi. Si mosse cauto nel mausoleo ch'era saturo
di puzzo, quell'odore nauseabondo di cadaveri bruciati. Non trovò i
forzieri, gli ori, le reliquie che sperava: schiarì i pannelli di
pietra lucida che ricoprivano le pareti, una vicenda terrificante di
mille lune e di soli addietro:
«Queste
sculture racconterebbero... non è possibile, è il contrario di
tutto ciò che sappiamo! La Necromadre e il Signore d'Ossa non
sarebbero...»
«...
e se fosse?...»
Il
coperchio del sepolcro tonfò a terra, spezzò i ceri. E il mostruoso
maligno spettro di un sant'uomo degli déi fluttuò al soffitto con
una tromba e una mannaia nell'altra mano.
Calò
a terra, rise folle e strisciò contro di loro, trascinando il suo
sudario in quelle pozze lattiginose:
«Sono
segreti che marciranno nei corpi morti che diverrete. Vi userò come
candele.»
Balba
Khan balzò all'assalto, ma la bipenne fendette invano. Crollò al
suolo a cuore esploso dal tocco gelido del fantasma.
Hiram,
spalle al muro, fra gli altri barbari terrorizzati, pensò alla
stronza di un'indovina che il giorno prima tirò le carte:
«Fortuna
e gloria! Mio dio!»,
gemette
I
Tarocchi, a Thanatolia, dicono solo tu morirai.
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