Riflessioni sullo scrivere "su commissione"


Gli ultimi tre lavori cui mi sono dedicato (due racconti e una novelette) sono scritti "su commissione": il primo, E tutto brillerĂ  di piĂ¹, per la rivista "Scritture Aliene" curata da Vito Introna; l'altro, M'rara, è il background di un progetto Sir Chester Cobblepot di boardgame d'atmosfere lovecraftiane; Anatoliy Volkov Commissario Politico è una scommessa (che spero di aver vinta) con Diego Bortolozzo dei soliti tipi Imperium.
L'arte, la poesia, la narrativa su commissione han da sempre una pessima fama: oggi guardiamo con una certa freddezza quelle statue di Canova che, a seconda del committente e i rovesci politici, celebrarono un ideale o il contrario dello stesso. Le raccolte antologiche delle Scuole Superiori, specie per i secoli dal XV al XVIII, ci insegnarono a sorridere, con spocchioso disprezzo, delle liriche di occasione del Marino, Parini, di Metastasio e di Monti.
Io, che purtroppo non sono né un De Gongora né Da Ponte, devo ammettere che questi tre lavoretti sono forse i miei migliori di sempre.... per ora.
Viziato dagli studi letterari, dalla retorica intellettuale e romantica, anzi, Romantica, ho riflettuto su questo fatto e mi chiedo: davvero la narrativa su commissione è il peggio che a un autore, che aspiri all'A maiuscola, possa accadere di dover scrivere?
Soprattutto la novelette mi ha convinto del contrario; mi ha persuaso degli aspetti stimolanti dello scrivere su richiesta qualcos'altro-da-sé; non necessariamente insincero o inconsistente.
Premessa necessaria sull'origine del romanzo: trattandosi di un editore con molti titoli ed autori in attivo, è necessario pianificare a lungo termine le uscite di ciascuno: quali date? E quanti racconti, saggi e romanzi nel corso dell'anno? I medesimi nomi troppe volte proposti, e le stesse tipologie di prodotto, stufano sui webstore prima ancora che in vetrina di libreria, trattandosi di un mercato piĂ¹ veloce e con modi promozionali molto prossimi allo spam. C'è inoltre da tener conto dei gusti del pubblico, che dimostra di apprezzare piĂ¹ i romanzi dei singoli racconti o anche le antologie; idem – trattandosi di narrativa di genere – che premia, piĂ¹ di altre, certe storie, ambientazioni, certi tipi di personaggi.
Invece di arrovellarmi, da quel pigro che sono, ho chiesto al responsabile che cosa gli abbisognasse: la mia pagina di OpenOffice era pronta a qualsiasi cosa.
Bortolozzo mi ha dato dei precisi paletti:

avendo giĂ  all'attivo per il 2014 un saggio, un racconto e una silloge c'era solo uno slot libero per qualcosa di piĂ¹ corposo;

di genere fantascienza militare, ché è quella che preferisce e ha abbastanza riscontro;

ambientata nella II Guerra Mondiale, periodo altrettanto gettonato, ma...

... vista dalla parte dei Russi: ché di Rangers, Marines eroici, Nazisti spietati & pazzi o indomiti Commandos francamente ne abbiam piene le scatole.

Chi mi segue sa che non disdegno le armi, scrivere di battaglie nĂ© "l'effetto Vincenzoni"; ma preferisco la fantascienza di carattere sociologico alla W.A.R. di Tonani. E sa anche che aerostati, biplani ed armi bianche mi piacciono di piĂ¹ di carri armati e di mitra Thompson; che evviva i grandi Imperi Centrali ma abbasso quei noiosi del Terzo Reich... eccetera.
Si trattava, perciĂ², di calarsi in tutt'altro contesto. E qui, francamente, bastava poco per essere originali.
Come il solito, ho cominciato dalla Storia: okay, il conflitto '39-'45; okay, l'Armata Rossa, ma... sempre Stalingrado, Berlino; Il nemico alle porte? Sempre la Svastica vs Falce & Martello? Sempre medium comunisti contro ariani satanisti? Uff. Mi pare che di stahlhelm e di panzerdivisionen se ne leggano anche troppe, su certe pagine di SF.
Quindi ho optato per un conflitto minore che pure ha la sua epica, nella storia della Seconda Guerra Mondiale: la cosiddetta, breve Guerra del Nord fra U.R.S.S. e Finlandia. Magari il "grande pubblico" non ne conosce i dettagli: ma i cecchini finlandesi su sci in uniforme mimetica bianca, che apparivano e svanivano come spettri fra le betulle e facevano strage degli ufficiali sovietici, sono entrati nel mito.
Potevano funzionare, come cattivi "di primo livello" sostitutivi i militari nazisti.
C'era ancora bisogno, perĂ², dell'elemento fantascientifico: e ho scelto di mettere da parte i triti e ritriti esperimenti nei bunker, la genetica ante-litteram, reggimenti di zombie, di cloni, di cyborg o di scimmie intelligenti; i prototipi di armi “ti tistruzione ti monto”, l'occulto alla Hellboy, e quant'altro seppellito negli archivi del KGB.
Ho optato per un classico piĂ¹ aperto a sviluppi: un UFO precipitato, dobbiamo recuperarlo! PerĂ² ho stratificato su questo tema l'invenzione che l'UFO non viene dallo spazio, bensì dal Polo Nord; e l'equipaggio (i cattivi "di secondo livello") ha diritto di definirsi terrestre quanto (se non di piĂ¹) noialtri protagonisti e/o lettori del romanzo... benchĂ© molto, e molto orrendamente, diverso dall'umano....
Vi fa pensare alle Montagne della Follia; alla Cosa; a quella storia di Martin Mystère con i poeti elisabettiani in Antartide? Bravi. Sono convinto che la scrittura "di genere" debba sempre strizzare l'occhio ai successi che l'hanno preceduta: l'ultimissimo capoverso del romanzo, lo ammetto, lo leggerete - chi se n'è accorto ha vinto la caramella - è un esplicito palese omaggio a quell'opera di H.P.L.
«Ma quanto ne sapevi, tu, di Armata Rossa e di Guerra del Nord? Quanto hai s(t)ud(i)ato per scriverne?!» Poco. Quel che bastava a scegliere come eroe protagonista un cazzutissimo Commissario Politico; il cui profilo ideale, per altro, mi viene dai Commissari della Guardia Imperiale di Warhammer 40.000 piuttosto che personaggi come Danilov Politruk. PerchĂ© so che è così che il pubblico lo immagina se metti insieme due cupe, militaresche parole quali commissario e politico. E l'ho chiamato Anatoliy Volkov perchĂ© erano i due suoni che mi essudavano piĂ¹ tovarichtudine, badassismo e salomonkaneaggine che ho trovato fra i nomi russi sui siti dedicati. Spero che al lettore facciano lo stesso effetto.
L'hobby dei wargame, e le letture di militaria, mi han fornito dell'army list dell'esercito sovietico nella guerra con la finlandia: squadre di fucilieri con a capo sergenti, equipaggiati di fucili Mosin-Nagant e mitragliatrice leggera Degtyaryov; dodici soldati trasportati su camion GAZ.
Non serve piĂ¹ di tanto, a questi dodici personaggi: il resto lo faranno i mmmilioni di film, di foto e documentari che il lettore ha giĂ  visto. Come sempre, nel nostro sozzo lavoro, l'immaginario collettivo lavora gratis per noi.
Dodici ragazzi cui trovare un cognome russo: per certe cose non c'è di meglio che Google.
Per i luoghi, come il solito, poichĂ© non sono uno che ha viaggiato, adotto il metodo di Emilio Salgari e mi affido all'atlante: tutta la Carelia di Anatoliy Volkov; Porosozero, e i laghi di Joensuu, stanno in una carta di un De Agostini da Scuole Medie. Idem fusi orari, temperature e altre cifre da calendario e termometro: ho sempre condiviso la convinzione che l'arte (sì, vabbĂ©...) debba riuscire ad essere "piĂ¹ vera del vero": e spero che le mie nevi, le mie notti polari, e i boschi di betulle che non ho mai veduti, riescano al lettore vividi e credibili; che lo confermino in ciĂ² che immagina, teme e fantastica di certi posti, piĂ¹ che in ciĂ² dettano le sue nozioni di geografia. ChĂ© altrimenti: a che serve la narrativa fantastica?!
Ci sono, in ultimo, quei dettagli da spargere qua e lĂ  che fanno la differenza fra un set di guerra qualunque e un set di guerra in Unione Sovietica nel 1939: la marca, per esempio, di un orologio da polso; il ritratto di quell'attrice in guepiere appesa alla parete del dormitorio in caserma; i nomi dei politici sulla bocca di tutti; il gergo, i nomignoli. Le ricerche di questo genere sono molto divertenti; sono l'emet di quell'ammasso di fango che altrimenti sarebbero le vostre pagine scribacchiate: non avessi mai scritto la novelette, non saprei che la Degtyaryov la chiamavano giradischi a causa della forma del caricatore che ricordava un disco in vinile e di come girava quando l'arma sparava; non saprei che i finlandesi bestemmiano perkele!...
«Ma insomma, Forla'! Facce vedè l'alieno, faccelo toccĂ !»
Questo è stato, probabilmente, l'aspetto che nonostante la commissione mi ha dato piĂ¹ libertĂ  di inventare... oppure, potremmo dire, proprio perchĂ© sa che inventi certe cose, le apprezza, il committente si affida a te e non un altro; corre i rischi dei contenuti "ideologici", personali e stilistici propri dell'autore cui chiede la prestazione. Ăˆ questo il bordo pagina dove, nonostante i paletti, apporrete la vostra firma. Imparata la lezione di Leonardo da Vinci, di Bosch, che creavano i loro mostri da collage di animali comuni, ho ridotto i miei "extraterrestri" a....
Ehm, no: su questo punto non posso proprio spoilerare, mi spiace! Come sempre, vi invito a guardare alla forma, alla natura dell'abominio, in un'ottica allegorica.
A guardarvi allo specchio.


Alessandro Forlani

sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. PerchĂ© crede che sia piĂ¹ sano scrivere in questo modo.

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