Pubblicato da Sir Chester Cobblepot / Stratelibri, e firmato da Andrea Chiarvesio e Gianluca Santopietro, è in arrivo il boardgame "H.P. Lovecraft's Kingsport Festival", di cui ho curato i testi di alcuni materiali. Qui trovate ulteriori informazioni. In occasione del lancio, gli editori mi hanno chiesto una breve riflessione sull'attualità dell'opera di Lovecraft:
I
decenni dell'atomo, della Corsa allo Spazio, delle sette sataniche
come piaga sociale, hanno reso le tematiche, e gli incubi di H.P.
Lovecraft, forse più reali ed inquietanti per noi che per il
pubblico degli anni '20 e '30.
Oggi
siamo certi di miliardi di galassie, di pianeti innumerevoli e
altrettanti sistemi: soltanto l'anno prossimo
la sonda New Horizons
ci dirà se il freddo Yuggoth (Plutone) è deserto di Mi-Go; di fronte
all'incapacità di concepire, addirittura d'immaginare quanto è
grande là fuori, dobbiamo tremare dell'altissima probabilità che un
Azathoth con la sua corte sia in agguato fra le stelle. I suicidi di
massa dei reverendo Jim Jones, gli omicidi di "Famiglie"
come quella di Charles Manson, gli orrori di provincia delle Bestie
di Satana, fanno assomigliare un po' tutte le cittadine (è vero, in
effetti: la tua più di altre...) all'Innsmouth della Maschera
e alla Kingsport del Festival.
I
media, i Governi e gli "esperti"
ci ripetono che siamo salvi da quei mali preistorici, non abbiamo
ragione di temere le streghe. Ma, immersi in una tecnologia sempre
meno palpabile, sempre meno comprensibile e pratica,
oggi, di fronte a certi atavici orrori, tutti ci troviamo come il
protagonista di Innsmouth a sentire, smarriti, “la mancanza
di un'arma”: se ancora i contemporanei di Lovecraft lottavano
contro i mostri con le solide rivoltelle, i galloni di acido,
speronandoli con una nave, noi, cittadini del XXI secolo, siamo privi
di quei rudi ed efficaci strumenti: la rinuncia a quella semplice,
faticosa fisicità ci mette alla mercé di quegli orrori immateriali;
o peggio, come insegna Abdul Alhazred, di sostanza così corrotta che
sono immuni alla morte.
Gli
incubi antropocentrici precedenti HPL, i demoni e i non-morti, i
licantropi, i posseduti, soffrivano i salmi, i simboli religiosi ed
erano banditi dalla fede di un sacerdote. Con il tempo, addirittura,
la causa umana li ha conquistati: ora frequentano il liceo con vostra
figlia, hai avuto un flirt con loro o ti soffiano la ragazza. Se
anche decidessimo di rinunciare al mondano, tornare ad ascoltare il
nostro spirito infiacchito, scopriremmo, scorati, che a partire dal
risveglio di Dagon, di Cthulhu, dell'aracnoide e villosa divinità del
Museo, neppure l'irrazionale, il mistico e il divino ci
possono più salvare: che timore possono avere, Yog-Sothoth e
Nyarlathotep, degli "storici"
dei di una razza da nulla, stanziati nei templi di un pianeta da
nulla, in un tempo risibile nell'intervallo di eoni?
Dagli
Antichi non ci si salva. Per i lettori degli anni '30 c'era forse
speranza, potevano ancora credere si trattasse di stupidaggini;
noialtri, rassegniamoci, non abbiamo nessuna chance: un'intera societÃ
da manicomio di Arkham ne dà la terrificante e statistica conferma.
Però,
se proprio dev'essere l'Apocalisse, che almeno sia con stile, un gran
party di fine d'anno. Insomma vogliamo andarcene ben vestiti, da
dritti: il calore di un buon whisky, l'euforia del jazz e charleston
e le note del rag-time contro il vuoto dell'Abisso. E fra affrontare
un Abitatore del Profondo in tuta da ginnastica, jeans e ciabatte, o
combatterlo in borsalino, gessato e vero cuoio con accanto
una pupa con caschetto alla Louise Brooks; fra un cannone improbabile
che nemmanco un Schwarzenegger,
o un affidabile tommy-gun
nella custodia di un violoncello... beh, che classe, ragazzi. Da
orchestra del Titanic.
Quell'aplomb
aristocratico del Solitario di Providence.
Lovecraft
ci riporta ad un mondo in cui l'orrore non era l'usa & getta dei
mocumentary; non erano
le grida di adolescenti eccitati che attendono Il Prodotto -
più che La Cosa - sulla Soglia con popcorn e Coca-Cola
e l'iPhone acceso in tasca: era, piuttosto, una faccenda privata,
intima e scabrosa.
Il
brutto ricordo di quel giorno in cantina.
Kingsport's
Festival ripropone quelle atmosfere: il Lovecraft spietato,
scarno, essenziale; perciò che fa paura da assorti, in silenzio,
guardandosi allo specchio e scoprendosi l'Estraneo. Rinuncia
a spin-off, a reboot, a gratuite contaminazioni e
riporta il giocatore nelle strade più buie, i sotterranei più
profondi, infestati ed insalubri. Fra le pagine di quei libri che no
- vi avvertii - non avreste dovuto leggere; la confezione del gioco
in scatola da non comprare né aprire mai.
E
invece lo avete fatto. E ora "siete morti, idioti".