“L'idea che l'opposizione alla gerontocrazia possa essere
solo l'utilizzo dei carri armati da parte di filonazisti non è proprio
edificante.”
“Nostalgici mangiabambini avversati da uno che si fa chiamare
Rommel. Non mi piace.”
“Maghi, zombi, vampiri che complottano occultamente dietro le
quinte; che mangiano letteralmente i bambini fino a quando un panzer nazista,
guidato da un soldatino autistico che sventola la bandiera con la croce
uncinata, non inizia a stanarli e farli fuori: non è il programma di governo di
Berlusconi, è questo libro.”
Fra le critiche più
velenose e peggio argomentate ai Senza Tempo,
pubblicate su aNobii, mi hanno soprattutto colpito quelle che alludono a una
mia simpatia per la dottrina nazionalsocialista. Ovvero: hai scelto per
protagonista un autistico filonazista (fra l’altro uno dei cinque, opposti protagonisti…)
e quindi anche tu, autore del romanzo, devi essere senza dubbio un destrorso
xenofobo.
Nell’attesa che la fama
mi scagioni dal delitto (Ph. Dick che ha scritto The Man in the High Castle; Robert Harris che ha scritto Fatherland; Jonathan Littell che scritto
Les bienveillantes;
o David Fraser che ha scritto Rommel: l’ambiguitÃ
di un soldato, per esempio, non si sospettano di nazismo...) cercherò
di spiegare le mie scelte nel costruire il personaggio di Rommel.
Nicolaj Mazepa alias Rommel
- mi dispiace che nessuno fin qui l’abbia intuito: ma lo stesso sostengo spietatamente
che la ragione è sempre del lettore, e il non essersi spiegato è una colpa dell’autore
- avrebbe anche potuto essere, anziché simpatizzante nazista, un fanatico di
militaria sovietica, appassionato dell'Armata Rossa e militante
comunista-stalinista... o zarista, bonapartista, fan del Kaiser, islamico
fondamentalista o guelfo o ghibellino. Ho scelto il nazismo, innanzitutto, per il
ricorrere di quell’idea, nella storia letteraria “di genere”, come pensiero
politico prestato al fantastico, all’assurdo e fantascientifico: la serie degli
Indiana Jones; il recente Iron Sky; la saga di Hellboy... è un elenco infinito!; non per simpatia nei confronti del Nationalsozialistische
Deutsche Arbeiterpartei.
Inoltre: da un punto
di vista solo ed esclusivamente estetico,
anch'io che come Rommel mi diletto di modellismo, collezione di soldatini, ma
non di militaria, devo ammettere che i mezzi, le uniformi tedesche del 1939-'45
sono quelli che si prova più piacere a montare e dipingere. Chiedete agli
appassionati di questo hobby e wargames: tutti vi diranno che il modello di un
Tiger, il grigioverde di uno stahlhelm hanno un "fascino" che
prescinde dall'idea politica che quei mezzi, le armi e le uniformi purtroppo servirono.
Il punto non è il nazismo; non penso né suggerisco assolutamente che l'atto eversivo di
estrema destra, violenta e xenofoba, possa essere la risposta ai mali
dell'attuale, gerontocratica società . Rommel, come Nausicaa (che pure è
"estremista" e moralmente discutibile: ma non ha suscitato nel
lettore sospetti ideologici o timori di sorta…), va piuttosto considerato per
il suo essere borderline, come alcuni
giustamente hanno scritto. Condizione, nel romanzo, di valore positivo: tant'è
che non solo Rommel e Nausicaa distruggono Monostatos, ma avviano una campagna
di epurazione dei Senza-Tempo che traduce in azione un pensiero di ribellione, resistenza; non eversione.
Intendo con borderline, per esempio, il "non
allinearsi"; un attivo anticonformismo; il rifiuto di certi assetti
sociali avvertiti da Guy Debord e descritti da Roland Barthes... Un borderline che nel romanzo ho raccontato
in maniera allegorica, al limite della "santa follia": in quanto,
appunto, si tratta di un romanzo di narrativa fantastica.
Penso, restando
nell'ambito del politico (ma preferisco un pasoliniano, strehleriano civile), che i lettori cui mi rivolgo, i
giovani, oggi, reagiscano a scossoni più surreali di quelli dei coetanei di 30,
40 o 50 anni or sono: all'epoca era un eroe il viaggiatore di Jack Kerouac; ora
si scende in piazza con la maschera di un personaggio di Alan Moore. Questo mi
ha convinto che autistico nazista, e una webspogliarellista cosplay, fossero
gli antagonisti migliori dei negromanti del XXI secolo.
Qualcuno in questa
scelta ha interpretato una resa, l’affermazione di una sconfitta: la
"gioventù che da sola non può farcela", piuttosto, è Daniele; colpevole
per tutto il romanzo di un odioso menefreghismo (perciò l'ho condannato alla
mannaia dei Senza-Tempo, e ho scelto di raccontarne la morte con la beckettiana
indifferenza per la dipartita di Nagg in Finale
di Partita - questo a chi ha osservato che “… le vittime di
Monostatos vanno e vengono tanto rapidamente, e muoiono in maniera talmente
anonima, che non c’è tempo per sviluppare alcuna empatia con loro. Uno dei protagonisti
muore e sinceramente non ne ho sentito la minima mancanza né il minimo
dispiacere…”).
Può bastare a
convincervi, quando ancora mi leggerete, a non alzare il braccio e gridare «Sieg Heil»?