Thanatolia- recensione di Giuseppe Cerniglia

Recensione di Giuseppe Cerniglia dal sito Italian Sword & Sorcery

Nel 2002, nell’introduzione alla raccolta Tutto è Fatidico, Stephen King scriveva: «l’arte del racconto non è perduta, ma a mio parere e ben più vicina al baratro dell’estinzione [rispetto alla poesia, ndr]. Quando ho venduto il mio primo racconto nel 1968, lamentavo già la progressiva contrazione del mercato. Le riviste pulp erano scomparse, le raccolte erano in crisi, i settimanali stavano morendo
Se incrocio questa riflessione con l’evoluzione del genere fantasy provo un misto di sconforto e speranza. La dice lunga il fatto che la mia biblioteca personale è più assortita dello scaffale delle grandi librerie. Voglio tenermi ai margini di qualsiasi discorso editoriale ma è un dato di fatto – secondo la mia esperienza, almeno – che il genere del racconto fantasy, del racconto sword and sorcery, stenti ad approdare alla stampa nel mondo letterario contemporaneo. Nessuna paura, esistono diverse iniziative – in molti casi di carattere popolare, come nella migliore delle tradizioni – portate avanti da paladini ostinati che difendono il baluardo della dignità letteraria dello sword and sorcery.
Questa premessa è la cornice per Thanatolia, scommessa ideata da Alessando Forlani e Lorenzo Davia e data alla luce da Watson Edizioni. Ho appena finito di scorrere le pagine (virtuali) dell’antologia, ancora calda della sua recente pubblicazione e preso un mucchio di note, intestardito a digerire fino in fondo questo lavoro.
La prima evidenza è che Thanatolia non è solo un’antologia di racconti: è soprattutto un’ambientazione, scorbutica e affascinante, che fa da sfondo a tutte le narrazioni. Thanatolia è un’isola la cui superficie è interamente ricoperta da tombe, sepolcreti, mausolei. Un continente che appartiene ai morti, alle loro case in rovina. Fanno eccezione due roccaforti: Tjaratur, nel sud, «un dedalo di angiporti, bazar e presepi equivoci di mendicanti, barasse e necrotomani [1]» e Handelbab, nel nord, con le mura possenti, i camini dei forni crematori e il «suo sozzo cavillare di mercanti e giuristi che pure è difficile definire civile [2].»
Vivere a Thanatolia non è semplice. Fuori dalle città, in un deserto fatto da polvere di ossa sbricioliate dai secoli, si annidano creature d’incubo e morti strappati al proprio sonno dalla Necromadre, «Colei che Riabbraccia gli Orfani, che è ritornata nei suoi Domini [3].» Il continente fuori dalle città è un luogo inospitale, meta di tombaroli coraggiosi che violano i sepolcri su commissione di ricchi mercanti alla ricerca di tesori e manufatti. Questo è, in estrema sintesi, il substrato su cui si sviluppano i diciotto racconti che compongono l’antologia. Siamo al cospetto di un progetto dall’ampio respiro, un’ambientazione open source (nel pieno rispetto della paternità degli autori L. Davia e A. Forlani!) di cui sono state pubblicate linee guida precise [4].
Nonostante l’omologazione dell’ambientazione, i racconti sorprendono per la varietà di contenuti, di stili e approcci. Ogni autore ha sviluppato la propria sfaccettatura di Thanatolia, di questo continente «che costringeva il più onesto degli uomini al disgusto, al rancore [5].» Troviamo racconti che ammiccano allo splatter, altri soffusi di un lugubre umorismo; vicende avventurose e storie d’incubo. La raccolta soddisfa tanti palati e mantiene vivo l’interesse di pagina in pagina.
Il tema più ricorrente è il topos dell’avventuriero che sfida l’ignoto e i pericoli di una tomba alla ricerca di tesori. Un cliché fantasy che viene narrato con un ottime interpretazioni, evitando di scadere nella banalità. I meccanismi sociali di Thanatolia sono cinici e schiacciano gli abitanti fra la morsa della morte e quella della povertà. La maggior parte degli eroi lotta per sopravvivere, per arrivare alla sufficienza. «Nessun tombarolo ha davvero una famiglia» scrive Laura Silvestri [6]. Eppure, a suo modo, c’è chi ha sviluppato una propria etica: «A rubare ai morti non si fa torto[7]» dice Narantuya dell’Est, raro caso di personaggio che accenna alla lotta sistematica contro il male. Per lei, come anche per Larson dei Sepolcri di Andrea Atzori vale la regola che ogni moto positivo nasce comunque dal dolore, da turpi vicende personali.
Thantolia è una terra incapace di generare eroi. Fra i suoi vicoli, nelle taverne dei bassifondi, è più facile imbattersi in mercenari che ormai hanno fatto l’abitudine alle spedizioni, alla sozzura della polvere, alle trappole ai morti da rispedire nella tomba. Come per esempio Malqvist, possente guerriero dal sapore leiberiano, scettico all’esistenza della magia, che di fronte a un negromante ironizza: «come no. E io sono Re Kull [8]. La galleria dei personaggi che popolano Thanatolia è davvero lunga: mercanti arricchiti che lucrano sulle spalle degli avventurieri, stregoni, puttane, becchini e ogni sorta di imbroglioni.
Fra battaglie e avventure, i racconti di Thanatolia lasciano spazio anche alla riflessione. In particolare mi ha colpito la peculiare visione della morte che emerge mettendo insieme i dettagli sussurrati ai bivacchi. In un mondo in cui «ciò che sembra morto da secoli, un istante dopo può ucciderti [9]» la morte, intesa come riposo eterno è una benedizione che risuona in macabri auguri: «Viva la morte, se le cose andranno male non mi farò prendere viva. [10]»
Thanatolia è un lavoro che convince, intrigante. Alcune storie sono vere e proprie perle che delizieranno gli appassionati di letteratura fantasy, sebbene qualche racconto incespichi in uno stile ancora un po’ troppo acerbo. Oltre all’intrinseco valore artistico ne consiglio vivamente la lettura perché – e qui torno alla premessa – rappresenta il frutto di un progetto italiano di cui vale la pena seguire gli sviluppi.

Consigli di lettura

A chi lo consiglio: a chi ha voglia di leggere un’avanguardia del fantasy italiano.
A chi non lo consiglio: a chi ha voglia di un’opera che, in ogni suo racconto, mantiene un alto profilo.
Storie sullo stesso tema: la serie di Gotrek e Felix di William King, ambientato nell’universo di warhammer fantasy, per ritrovare un mondo pervaso dalla corruzione, dominato dalla legge del più forte.
Multimedia: fra un racconto e l’altro di Thanatolia, tirate fuori carta, matita e dadi. Quale che sia il vostro gioco di ruolo da tavolo, Thanatolia saprà suggerirvi tante buone idee.

Note

[1] Luca Mazza, L’Inferno non ha mappe, pag 287.
[2] Laura Silvestri, La Collina di Bakenoteph, pag 53.
[3] Alessandro Forlani, Un patto nelle tenebre, pag 227.
[5] Andrea Atzori, Di mille anni il silenzio, pag 122.
[6] Laura Silvestri, la chiave di Narayagan, pag 197.
[7] Laura Silvestri, la chiave di Narayagan, pag 176.
[8] Alessandro Forlani, Un patto nelle tenebre, pag 230.
[9] Luca Mazza, L’Inferno non ha mappe, pag 294.
[10] Luca Mazza, L’Inferno non ha mappe, pag 319.

Alessandro Forlani

sedicente scrittore, è nato negli anni '70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e millenni a venire. Nerd, negromante, roleplayer e autore "difficile" di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, cinema e scrittura; di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto guarda film, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere in questo modo.

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