La mia introduzione a Sognando di Roberto Bernocco, pubblicato per i tipi Ailus Editrice
Sulla
Terra inospitale del 2067.
Jack
Buchinsky ĆØ un poliziotto fra le rovine di New York City, Tsunenaga
ĆØ uno oyabun della yakuza del monte Fuji: il relitto di un Giappone
che ĆØ sommerso dall'oceano. Obike Ondimba, titolare di FuturNet,
amministra capitali in un Sudafrica soffocato da nubi nere, e
Pretoria ĆØ una metropoli fra le poche sopravvissute.
I
tre protagonisti di Sognando di Roberto Bernocco si affrontano
in un mondo che ĆØ ridotto ormai in macerie. Alla wasteland del
pianeta corrispondono personali devastazioni: Buchinsky ha alle
spalle un matrimonio fallito, sua moglie - come tutta la tecnologia
che lo circonda e che lui rifiuta - gli rimprovera la "mancanza
di un contatto con il mondo": il paradosso di una societĆ che ĆØ
sprofondata nel virtuale. Tsunenaga si circonda delle macerie della
tradizione, il bushido, le cerimonie dei samurai: che sorbiscono il
sake dalle tazzine di porcellana ma si tolgono la vita in un seppuku
cibernetico. Obike Ondimba si porta dentro le macerie dell'apartheid,
la sua ferocia di capitano d'industria quale rivalsa contro una vita
"che non gli aveva concesso nulla a causa della sua pelle, della
sua condizione, delle sue origini, ottenendo alla fine tutto quello
che aveva sempre voluto: potere, denaro e soprattutto il rispetto".
Non
mi sembra affatto un caso che l'Autore principi ogni capitolo con
puntuali descrizioni di materica insistenza: il fioccare della neve
sul cemento e le lamiere, un caffĆØ schifoso, nero, e un anello d'oro
rosso che tamburella su un'enorme scrivania. Incontriamo in
particolare Tsunenaga e Obike Ondimba quasi sempre a colazione o a
una tavola imbandita. Il giapponese si versa il tĆØ mentre massacra
predoni mongoli, e il suo ultimo gratuito atto di prepotenza ĆØ
rovesciare un carrello di vivande costringendo due prostitute ad
avventarsi sul cibo a terra, per godersi lo spettacolo e approfittare
delle due donne, ("soddisfare i suoi appetiti", qui si
tiene a precisare: e si tratta di due slave, probabilmente neppure
umane e di sicuro "non la sua razza"). Ondimba indugia
spesso a sorseggiare il suo liquore in amplessi feticistici con una
grande poltrona nera.
Ondimba,
nonostante le sue risorse tecnologiche, si serve in extrema ratio per
il dominio di Ipernet di un sistema costituito dai cervelli di tre
cetacei: di carcami (ovvero resti) di animali ormai estinti.
Jack
Buchinsky va in azione per evacuare da un edificio da demolire una
comunitĆ di anziani mendicanti dai vestiti ridotti in cenci: non ci
sono bambini o giovani in questo mondo di rovine, solo larve
beckettiane che non hanno alcuna opzione, cui non restano per
coprirsi che brandelli di vestiti. Il detective passa loro
l'indirizzo di un rifugio: ma lo scrive sul frammento di un giornale
gettato a terra.
Sempre
stracci, cartastraccia e immondizia e frattaglie e cocci.
I
nostri protagonisti e tutta intera l'umanitĆ sopravvivono alla
catastrofe rifugiandosi sottoterra e anzichƩ ricostruire
preferiscono nascondersi: l'Iperlan, il virtuale, ĆØ l'estremo e
disperato asilo degli uomini e le donne di questo tardo XXI secolo.
Sarebbe
lecito perciĆ² aspettarsi che a tanta e tale desolazione l'Iperlan
contrapponga un paradiso immateriale. La prima volta che l'Autore ci
fa connettere, invece, ĆØ per mostrarci un virtuale grigio,
opprimente e alienante di avatar-operai a una catena di montaggio,
una fabbrica di presse, di stampanti e macchinari dedicati a non
produrre componenti sostitutivi per apparecchi che non si
usurano. Ć un attesa di Godot:
In quella confusione
l'uomo continuĆ² a chiedersi perchĆ© bisognasse ritornare a produrre
quei componenti. E a quel pensiero fugace se ne aggiunsero altri, e
altri ancora, e tutti lo portavano alla stessa conclusione: che senso
aveva continuare?
In
questa fabbrica dell'assurdo - che ricorda sia Metropolis che
Charlie Chaplin, Huxley, Brazil; il finale allucinato de La
classe operaia va in paradiso - un uomo si suicida: suicida il
proprio avatar per morire, a miglia di distanza, "sdraiato su
una brandina di una stanza disadorna".
Si
suicidano, come lui, piĆ¹ di altre 70.000 persone connesse in tutto
il globo.
Tre
olocausti in un mese.
Le
azioni della FuturNet crollano, Obike Ondimba ĆØ costretto a prendere
atto degli effetti collaterali di un'esistenza connessi a Ipernet
("alienazione, depressione, paranoia e apatia") di cui i
suoi scienziati lo avvertivano da tempo. Le autoritĆ , per non
diffondere il panico e soprattutto evitare il fenomeno di emulazione,
impongono la censura. Jack Buchinsky e una collega "caruccia"
(per usare l'eufemismo con cui lui si difende dal suo fascino), la
rossa Rachel Monroe, indagano come dev'essere da copione.
L'Autore
ci descrive questa "morte della libertĆ di espressione",
per usare le parole di Rachel, con tanta e tale naturalezza, facilitĆ
e indifferenza che il lettore, per un attimo, si domanda se il
romanzo che ha fra le mani non sia di fantascienza, ma di cronaca;
l'ovvio, niente affatto stupefatto resoconto di un arbitrio che nella
Rete ĆØ in corso giĆ di fatto.
Per
Buchinsky ĆØ l'ennesimo lavoro sporco che il corpo di Polizia svolge
per i regimi; per Ondimba e Tsunenaga ĆØ un'altra norma da
eludere. In questo mondo solipsistico di rovine il privato e
personale turba piĆ¹ dell'universale. Nonostante siano morti in
decine di migliaia - molti piĆ¹, probabilmente; molti ancora ne
verranno - per i tre protagonisti c'ĆØ soltanto il proprio lutto. Per
Jack ĆØ, fra le migliaia, la morte dell'ex collega e amico Roger
Salavas; per Tsunenaga ĆØ l'inaudito, inammissibile harakiri
tecnologico di venticinque sottoposti, ĆØ una strage di casate;
per Ondimba ogni decesso ĆØ un bilancio in negativo. La stessa Rachel
Monroe, benchƩ altrove presentissima a sƩ stessa, confessa la
tentazione di suicidarsi in uno sfogo quasi landolfiano:
Ma quando sei venuto
a conoscenza di quel suicidio non ti ĆØ balenata l’idea di farla
finita? Non hai pensato anche solo per un secondo che anche per te
era giunta l’ora di chiudere con questo schifo di esistenza?
Nel
gioco di citazioni che sono i nomi dei personaggi vien da chiedersi,
del resto, fino a che punto essi si appartengano (appartengano
all'Autore) o non esistano invece di riflesso, siano anch'essi delle
scorie di archetipi e immaginari. Bernocco ne fa un uso come di
utensili narrativi: il poliziotto donchisciottesco, la sua bella
volitiva partner, il mafioso giapponese e lo spietato amorale manager
corporativo. Anche il cyberpunk ĆØ ormai un classico e una "commedia
dell'arte", e tali sono le maschere per questo genere di
intreccio.
Nel
poliziotto polacco di New York ĆØ difficile non riconoscere lo
Stanley White dell'Anno del Dragone; e Jack, dopotutto,
potrebbe essere il Kurt Russell del Grosso Guaio a Chinatown.
Rachel ha il freddo fascino dell'omonima di Blade Runner, ma ĆØ
rossa di capelli come appunto la Monroe agli esordi. Nell'amico e
collega Savalas che si suicida nell'Iperlan ĆØ difficile non pensare
a un Kojak in pensione. Le tre "Bestie" virtualescenti di
FuturNet ci ricordano da vicino i tre veggenti di Minority Report;
l'equivalente di cui si serve la yakuza, due ometti dalla testa tonda
che si nutrono di dolciumi, assomigliano agli Humpty Dumpty che
"connettono" Alice al Paese delle Meraviglie.
Dopo
il terzo suicidio di massa, perĆ², in Iperlan avviene qualche cosa di
inaudito, incomprensibile e finalmente meraviglioso. In questo spazio
di potenziale e sconfinata immaginazione, i cui utenti hanno invece
scelto di propria triste, spontanea volontĆ di edificare grigi
uffici e catene di montaggio, irrompono all'improvviso colori e
melodie, forme, animali e addirittura profumi; un'esplosione la cui
scrittura fa pensare alle lisergiche bizzarrie di Yellow Sub
Marine; e alla sequenza, in modo
particolare, in cui la musica dei "Fab
Four"
scuote il popolo addormentato e sconfigge i Biechi Blu.
Il
fenomeno ĆØ stato visto, vissuto e registrato: tuttavia non lascia
traccia. Si ripete un'altra volta. Come accade per le idee dei
filosofi incendiari, come fosse un nuovo spettro che si aggira per
l'olo-Europa, il fenomeno ĆØ immateriale, ma ha origine nel mondo
fisico.
Nel
2067 sopravvivono alcuni hacker: forse che qualcuno finalmente alza
la testa, esiste ancora un'umanitĆ che vuol risorgere dalle ceneri?
No, purtroppo. La mente libera, prodigiosa, l'unica - parrebbe -
ancora in grado di sognare ĆØ quella di un bambino afflitto da
sclerosi amiotrofica, il figlio di un letterato dell'antica San
Pietroburgo.
Ci
diverte la presunzione di Obike Ondimba e dei suoi tecnici che non
ammettono che un umanista sia in grado di opporsi a Matrix:
Altre due stranezze
vennero ben presto alla luce dall’analisi: una era che il terminale
non era predisposto alla connessione con un uomo, bensƬ con una
macchina (...); l’altra era la titolaritĆ del terminale a nome di
un insegnante di storia e letteratura delle scuole inferiori di San
Pietroburgo. La prima informazione poteva far supporre che dietro
quel vetusto macchinario ci fosse un sistema informatico decisamente
piĆ¹ sofisticato (…) La seconda non spiegava come un semplice uomo
con una cultura umanistica fosse stato in grado di creare un simile
prodigio (...)
Questa
mente prodigiosa in un corpo martoriato, che ci rimanda a
Jory di Ubik, ĆØ assistita
da un fedele robot il cui scopo ĆØ quello di proteggerla per sempre
da qualsivoglia minaccia e, allo stesso tempo, alleviarne la
sofferenza sprofondandola nella Rete.
Sognare
ĆØ dedicato a Stephen
William Hawking: questo bimbo avvoltolato di panni laceri e
sofferenza, e che illumina tuttavia l'oscuritĆ dell'Iperlan,
sembrerebbe la sua simbolica e ineluttabile metempsicosi.
I
tre vertici del triangolo da cui provengono i protagonisti (Pretoria,
New York e Fuji City: le capitali dei mondi nuovi) si incontrano, al
secondo turning point del romanzo, a una rovina del vecchio
mondo; si combattono a Pietroburgo e nelle steppe circostanti.
Ondimba, Tsunenaga, Jack e Rachel inseguono il robot in una corsa che
incomincia a bordo di hovecraft e dune-buggy con scambi di cannonate
e di raffiche di mitra, e finisce a revolverate fra concorrenti allo
stremo abbandonati nella steppa con i rottami dei loro mezzi.
Queste pagine dimostrano che l'Autore sa anche scrivere "alla
Michael Bay", oltrechƩ di conflitti d'animo e oniriche
atmosfere: certi attrezzi non dovrebbero mai mancare nella cassetta
di uno scrittore "di genere".
Indoviniamo
che Jack e Rachel, come forse l'umanitĆ , sono destinati a perdere
questa gara da un dettaglio delizioso qualche capitolo precedente:
sono convinti di inseguire un uomo nelle tenebre di un tunnel e si
sorprendono di strane impronte:
Jack e Rachel,
immersi nel cunicolo sotterraneo, seguivano giĆ da un po’ le
tracce fresche, dalla strana forma rettangolare.
Il
robot li ha superati, li lascia indietro nell'oscuritĆ del nostro
mondo e della Storia, e le orme che resteranno sono orme non umane.
Poi,
lo stesso robot, alla fine del romanzo, percorre a piedi una steppa
desolata di cui, nella neve e nel silenzio del mondo, la natura si
sta forse lentamente riappropriando. Non possiamo dubitarne,
non ĆØ un'illusione Iperlan: perchĆ© ĆØ un sogno troppo grande,
glorioso e generoso per essere soltanto umano e soltanto simulato.
E
trovo emozionante che a percorre il futuro siano piedi di metallo che
scintillano nel sole.
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