Recensione di Mario Luca Moretti su Andromeda
Luca (o Luca Marco, avendo un doppio nome) è un fotoreporter d’assalto che copre tutti i punti caldi del mondo, dopo l’Iraq la provincia di Milano, scossa da rivolte separatiste. Ed è un anche un mago dei social netework, oltre che dell’Iphone, l’ultimo ritrovato che permette di realizzare e condividere persino ologrammi. E coprendo una battaglia in corso a Lissone, fa il suo capolavoro mediatico, ma allo stesso tempo comincia a soffrire di crisi d’identità e di percezione: chi sono le persone ritratte? Perché si somigliano tutte?
E lui stesso, Luca (o Marco) in mezzo a tutti quegli hashtag, quelle foto, quegli emoticom e quegli ologrammi, chi è?
E lui stesso, Luca (o Marco) in mezzo a tutti quegli hashtag, quelle foto, quegli emoticom e quegli ologrammi, chi è?
To self or not to self è l’ultimo racconto di Alessandro Forlani, vincitore del Premio Urania 2011 con il romanzo I senza tempo.
Qui Forlani parte da situazioni ormai quotidiane, come la comunicazione tramite social network e la mania dei selfie, e le spinge alle estreme conseguenze, giocando sull’ambiguità fra la realtà e la sua percezione, e soprattutto sulle reciproche influenze: fino a che punto la nostra capacità di vedere le cose finisce con l’influenzarle? Qual è la relazione fra la nostra identità e la percezione che ne hanno gli altri?
Forlani elabora uno stile che riesce a comunicare con sottigliezza l’alienazione del protagonista con quella degli altri personaggi. Infatti Luca è un alienato in un mondo di alienati, solo che lui finisce con l’esserne consapevole.
L’autore riempie il racconto di hashtag ma ne fa una preziosità stilistica. I vari # e i relativi slogan sono infilati continuamente come contrappunto drammatico e allo stesso ironico alle vicende, più o meno allucinatorie, di Luca, finendo con il costituire una specie di “coro greco” sarcastico e beffardo.
Nel racconto l’atmosfera – e lo stile stesso – si fanno sempre più allucinati, coinvolgendo il lettore in una spirale dove la lotta di Luca per ribadire e affermare la propria identità si fa sempre più disperata, man mano che la realtà stessa si disgrega. E Forlani è assai abile nel suo equilibrio di ironia, azione, e di sperimentazione narrativa, usando uno stile che sembra “pixelarsi” in parallelo con la visione della realtà di Luca… o Marco, dal momento che l’autore riesce a giocare abilmente con i problemi di chi ha un doppio nome.
Dopo un controfinale all’insegna di un assurdo e apparente happy end, assistiamo a un epilogo che rimane nella memoria per inventiva narrativa, ma che raggela per come comunica un senso di disperato e assoluto delirio.