Giorni
fa stavo tornando da un incontro di lavoro, c'era un forte temporale e peggio ancora tirava vento, ero a piedi con l'ombrello (che puntualmente si è rotto) e ho dovuto attraversare il mio quartiere d'origine. Ho raccolto un po' di pensieri che avevo sparsi da lungo tempo.
Soria deriva il nome da un convento di clausura: il Monastero delle Serve di Maria Addolorata che è datato al XII secolo. Sono nato, cresciuto, andato a scuola e
vissuto qui per quarant'anni della mia vita; ho traslocato da sono solo due-tre anni e
lavoro, quasi sempre fuori sede, da circa una ventina: devo ammettere che questo posto ha influenzato la mia scrittura. Quando
passo per Soria sotto le nubi di un temporale - e illuminato da certa
luce che non è detto sia luminosa... - mi accorgo che infatti è un
quartiere orrorifico.
Soria
è alle pendici del colle San Bartolo: 555 metri di tufo che
si tuffano nell'Adriatico. La schiena del San Bartolo (che è anche
parco naturale) d'estate è tutta gialla e luminosa di ginestre, ma
d'inverno è verde cupo. E di notte è un grumo nero contro un cielo
altrettanto buio che mugghia spaventosamente per il vento fra le
fronde. Fra le case del quartiere che si arrampicano al colle ("Soria
Alta") e la macchia
più fitta e (o)scura non ci sono recinti o fossi o campi arati
rassicuranti: quella foresta che da bambino era infestata dai
licantropi, dai Beast-Men di Warhammer, dai Cuccioli Oscuri della
Shub-Niggurath di H.P. Lovecraft e da ogni cosa selvaggia e orrida che è in agguato fra i cespugli, è stata a un passo dai nostri
giochi, i nostri letti ed i nostri incubi. Frequentavo un vecchio
asilo lungo la strada che saliva al bosco, e i lucernai di cantine
buie erano aperti ad un passatempo: io e i miei compagni
(soprattutto le bambine!) ci immaginammo di famiglie morte che
abitavano quei sotterranei, e sussurravano di unirci a loro per non
tornare mai più fra i vivi... Ma è normale, per ragazzini di
quell'età ?!
GiÃ
da lontano si scorgono i tetti di grandi ville che si
affacciano dal San Bartolo sul panorama dell'Adriatico (una,
famosissima, appartenne a Pavarotti); è ben visibile un
ristorante... Ma là in mezzo, invisibile, restaurato pochi anni fa,
c'è un intero cimitero ebraico del XVIII secolo. Lo si raggiunge con
un sentiero che può indicarti solo chi sa; chi c'è già stato, chi
ha varcato quella soglia... Quando ero adolescente era un segreto
sussurrato: si visitavano quelle lapidi, quelle tombe abbandonate, i cippi sparsi sbreccati e storti e imbrattati di pentacoli, per entrate
in contatto con la Soria delle Tenebre. E ci si andava rigorosamente
di notte, o al tramonto, e si doveva fare attenzione a sfuggire ai cani
del suo custode.
Il Cimitero Ebraico |
La
chiesa parrocchiale, ingrandita anni or sono, nella mia infanzia e
per tutta l'adolescenza è stata un granaio con una croce di legno in
cima; una canonica di mattoni, e una colonica sede scout, anch'esse a
ridosso del pauroso e cupo bosco. Quella chiesa sembrò arginare di
esorcismi e di preghiere le diaboliche minacce che scorrazzavano
nottetempo. E riguardo alle preghiere... la parrocchia era affidata a
uno strano ordine di frati veneti: i Padri
Sacramentini. Scrivo
"strano"
perché sarebbero sì frati, ma svolgono le funzioni e amministrano
da preti. Si paludano di nero. C'è qualcosa di romanzesco in questa loro caratteristica: quasi un ordine di eretici di una storia di Dumas.
A
Soria le buone vecchie fanno i dolci, vanno a messa la domenica,
chiacchierano sui pianerottoli, lavorano all'uncinetto e si scambiano
ricette. Ma sanno tutti che la tal dei tali legge i tarocchi "e
ci ha sempre azzeccato"; la talaltra è sensitiva, fa
sedute spiritiche, un'altra ancora non è estranea alla magia nera.
Ricordo bene un anonimo appartamento e la madre timorata di un amico
dei diciotto anni: in un fondo di guardaroba, mi mostrò sconcertato,
c'erano volt di capelli e cera tutt'infilzati di spilli.
Se
ci spostiamo verso la zona che dà sul mare, dove
finiscono le cabine di quattro piccoli stabilimenti, inizia una spiaggia libera
che è un panorama med-fantasy. Non ho modo di descriverla se non con
un foto:
Baia Flaminia |
Vi
assicuro che in certe estati, nell'incendio dei tramonti, negli abbagli e nei silenzi e negli echi di risacca, si poté credere alle
Sirene e i molti demoni meridiani. Qui, per chi avesse avuto il
fegato di avventurarcisi, si trovavano grotte e rifugi datati alle
due Guerre; le rovine di case che sorgevano su una spiaggia dove,
neppure duecent'anni fa, c'erano pascoli e campi e bestie e il mare
era lontano. Vite e storie di contadini e pastori che giacciono
sott'acqua.
Soria
è in periferia, fu un quartiere di bar: piccoli, silenziosi e
frequentati dagli anziani. Tutt'al più si litigava per i tresette e
la briscola. Poi, all'improvviso in un'estate degli anni '80, in uno
di questi bar morì un uomo accoltellato; nell'altro, fra eroina e
pasticche e manganelli della Digos, si è perduta negli anni '90
un'intera generazione. Nei condomini vicino al mare pullularono
prostitute. Un amico di mio padre, un omone allegro e buono, fu trovato impiccato al lampadario di casa. Che il Male sporco & umano mi abitasse così vicino,
e non fosse sui giornali, nei TG, nelle metropoli, l'ho imparato da
certe auto di polizia che ulularono e fermarono a pochi passi dal mio
portone.
I miei nonni abitavano a pochi passi da un cortile con un lungo, e misterioso, corridoio di accesso: fui un bimbo lasciato libero di ficcare il naso ovunque: lì, però, mi fu sempre proibito andare. Né mi dicevano chi lo abitasse. Confesso che ancora oggi, quando mi capita di passarci, ho la forte tentazione ma non oso di esplorarlo: non ci sono cancelli o reti, ma percepisco un'interdizione...
Dietro recinti di rampicanti, in un impero di insetti e topi, c'erano due fabbriche ormai cadute in rovina di cui una - ricordo bene - fu di un certo Campanelli. Stabilimenti metalmeccanici dai cancelli incatenati; entrare era impossibile: non ne restavano che le vetriate che spaccavamo tirando sassi. Il più bravo era Mauro: gli bastava solo un lancio. Abbiamo smesso un giorno strano e stregato in cui il sasso è tornato indietro: e una voce cattiva ci ha intimato "adesso basta".
Dietro recinti di rampicanti, in un impero di insetti e topi, c'erano due fabbriche ormai cadute in rovina di cui una - ricordo bene - fu di un certo Campanelli. Stabilimenti metalmeccanici dai cancelli incatenati; entrare era impossibile: non ne restavano che le vetriate che spaccavamo tirando sassi. Il più bravo era Mauro: gli bastava solo un lancio. Abbiamo smesso un giorno strano e stregato in cui il sasso è tornato indietro: e una voce cattiva ci ha intimato "adesso basta".
A Soria c'era molto rock (it's sympathy for the Devil), tanti "artisti" che erano forse cazzoni e altrettanti cazzoni che forse erano "artisti". A differenza di certi film americani, dove i ragazzi di paeselli e ghetti diventano star autentiche, il tempo ci ha confermato quali artistici cazzoni... oppure viceversa: e io ne sono grato.
A Soria, nelle sere d'inverno, si giocò fino a tarda notte a Dungeons & Dragons e Call of Cthulhu.
Fra i curiosi personaggi che abitarono le mie strade ricordo bene un'anziana obesa con un braccio amputato al gomito; un pescatore con una casa piena di quadri di pescherecci, di pesci e di marine, cui scottavano le suole se troppo tempo restava a terra; un ciclista dannunziano, con una tuta celeste pallido, che si diceva avesse partecipato a un certo Giro d'Italia... Un barbone in canottiera, infradito e dai lunghissimi capelli bianchi che abitava le rovine di una vecchia distilleria. Una ragazza scarmigliata e magrissima che faceva da interprete alla madre sordomuta, altrettanto sinistra e con lo sguardo spiritato: abitavano una casa gialla con un cortile stipato di giocattoli.
A Soria, nelle sere d'inverno, si giocò fino a tarda notte a Dungeons & Dragons e Call of Cthulhu.
Fra i curiosi personaggi che abitarono le mie strade ricordo bene un'anziana obesa con un braccio amputato al gomito; un pescatore con una casa piena di quadri di pescherecci, di pesci e di marine, cui scottavano le suole se troppo tempo restava a terra; un ciclista dannunziano, con una tuta celeste pallido, che si diceva avesse partecipato a un certo Giro d'Italia... Un barbone in canottiera, infradito e dai lunghissimi capelli bianchi che abitava le rovine di una vecchia distilleria. Una ragazza scarmigliata e magrissima che faceva da interprete alla madre sordomuta, altrettanto sinistra e con lo sguardo spiritato: abitavano una casa gialla con un cortile stipato di giocattoli.
Se
per caso ne incontrerete nei miei racconti, saprete che quelle vite
le ho rubate al mio quartiere.