Un’affilata introduzione a una possente antologia
Normalmente si
introduce un’antologia affermandone l’intento: con la prosa rutilante e il
fraseggio esagerato che è proprio dei racconti che leggerete, quindi, qui diciamo
che il cimento di queste Fiamme Corrusche è proporre storie
eroiche quali oggi non sono più proponibili: quelle storie di certi libri in
edizione economica dalle pagine ingiallite e già lise negli anni ˈ80.
I modelli sono gli
Howard, Wagner, C.L. Moore o Sprague De Camp… provateci, oggi, a scrivere di
quei soggetti in quel modo e sperare di essere pubblicati (salvo che,
naturalmente, non si tratti di quei "casi" industriali-editoriali giÃ
affermati in ambito anglosassone. Dove ormai lo stesso Conan, tuttavia, pare
abbia vita dura).
L’ironia
caratterizza questi nove racconti: ma non si tratta dell’ormai facile, abusato,
obbligatorio "picaresco"; lo "spaghetti" che ha un po'
rotto le scatole, de "lo brando" e "meo signore" delle
armate Brancaleone o il volgare e un po' imbecille doppio senso nello stile de
«il guerriero punì la barbara con la sua mazza». "Lo maniero",
parafrasando Isaac Asimov, è l’ultimo rifugio degli scrittori incapaci.
L’ironia "sine
qua non" che ho chiesto ai nove autori di queste storie, quando ho dato
loro le linee guida, è quella invece di scrivere e proporre oggi - nel 2023
dissacrante e dissacrato - dei racconti limpidamente e ingenuamente sword &
sorcery: senza un plot twist a tutti i costi, senza fatal flaw,
senza intimismi né stream of consciousness, né inclusivi né corretti: e in
cui, esattamente come il lettore si aspetta, l’Eroe entra nel Labirinto, Uccide
il Mostro, Arraffa il Tesoro ed Esce. Ma alla fine non si scopre, con un’eco
dylandoghiana, che il vero mostro in realtà è l’Eroe. In queste storie il
protagonista non sei tu: non si tratta dei librogame cui certo fantasy
sembra essere destinato. In queste storie l’Eroe combatte, e le Eroine si
proteggono dai fendenti indossando pelli d’orso o un bikini di metallo.
Un’ironia che, come
ho detto, viene espressa e palesata innanzi tutto nella prosa. La scrittura di
queste Fiamme Corrusche, a partire dal titolo della silloge, ironizza su
certa aggettivazione, su certi enunciati, su certi dialoghi che ancor oggi e
non certo scientemente affliggono la prosa di esordienti e affermati. In queste
righe si può trovare l’intero vocabolario dei petti sempre madidi, delle
braccia sempre possenti, delle donne dai bei fianchi sempre morbidi e
flessuosi, le città sempre turrite e cinte di alte mura; le
divinità (con buona pace di Lovecraft) sempre antiche, innominabili e blasfeme
e - appunto - le fiamme sempre corrusche. Eccetera.
In fase di
sviluppo del progetto ci siamo divertiti a compilare un elenco di aggettivi
atti alla bisogna, che infine si è deciso di includere in appendice e che forse
creerà dell’imbarazzo a coloro che scopriranno di abusarne pur senza avere
parodistiche intenzioni.
L’ironia è
evidente anche nell’illustrazione di copertina. Ho chiesto all’artista, Martina
Biondini, di creare una cover che avesse la stessa ingenuità di quelle delle
primissime scatole e manuali di Dungeons & Dragons, le edizioni del ˈ78
e ˈ79: che a quell’epoca, agli occhi di un ragazzino, sembravano meraviglie
quali quelle di un John Blanche, di un Elmore, degli Hildebrandt… ma che
invece, se le andate a rivedere, erano solo le illustrazioni di nerd entusiasti
che immaginavano e ritraevano come sapevano dei guerrieri con alti elmi cornuti
che combattevano grandi draghi infantili, sullo sfondo di foreste e di caverne
abbozzate.
La scelta dei nove
autori presenti in questo libro segue, se vogliamo, certo criterio di
avventurosa improbabilità con cui si formano i party di Warhammer Fantasy
Roleplay, dove è comune trovare il famigerato Cacciatore di Topi accanto al
Mago e il Cavaliere Templare.
Così come esiste
un triste, asfittico autoreferenziale "ambiente della fantascienza
italiana" esiste anche un ambiente del fantasy italiano: e, appena ho
annunciato sui social network il progetto Fiamme Corrusche, molti autori
dell’ambiente mi hanno chiesto di partecipare, ma ho risposto di no. Come, allo
stesso modo, non mi sono da subito rivolto alle solite abituali "firme
note".
Note a chi?
La triste verità è
che non l’ho fatto perché - come sempre succede in questi casi: è inutile
negarlo - sarebbe finita che questa antologia l’avrebbe letta solo Caio, che
avrebbe poi recensito i racconti ivi raccolti di Tizio e segnalato in modo
particolare quello di Sempronio; il quale aveva precedentemente letto Caio e taggato
Tizio in un post su Facebook, e così a ripetersi all’infinito senza che
nessuno, davvero nessuno altro al di fuori di questo cerchio di pietre (ossidiana,
naturalmente!), si interessasse al progetto. Devo ammettere che è stato
antipatico ma necessario, per me, escludere dalla silloge dei provati compagni
di molte lotte quali Lorenzo Davia (co-creatore di Thanatolia!), Giorgio
Smojver o Andrea Gualchierotti: ma «questo, è bene!»
(e lo so
che lo avete letto col tono truce del capo mongolo che è d’accordo con il
Cimmero circa il meglio della vita…).
Non nascondo che
alcuni interpellati si sono ritirati a metà strada. Altri ancora hanno proposto
dei testi non conformi alle linee guida: a riprova che scrivere di spade,
muscoli e stregoni non è quella sciocchezza che troppi ancora credono.
Ho deciso perciò,
fiducioso di aprire qualche bronzea porta e nell’esito di tali sfide ed
esperimenti, di reclutare degli autori - quali Aronica, Borroni e in parte
Volponi - estranei alla narrativa sword & sorcery, accanto a valorosi
artigiani del genere (di questo come altri) quali Ghetta e Della Rossa, e di
tentare con esordienti quali Iero, Romaniello, Pesce e Gamberini.
L’editing di Ambra
Stancampiano ha molato le loro spade: se incontreranno il lettore in questo
viaggio, lo trafiggeranno.
Alessandro Forlani