Prosegue la mia attività di editor freelance (non esitate ad avvalervi dei mi servigi!): qui di seguito un breve estratto da un racconto di fantascienza di circa 30.000 battute affidatomi da un cliente. L'intervento è stato rapido e deciso, in quanto il cliente intende partecipare a un premio letterario il cui termine ultimo di consegna scade a fine mese. Come si evince da questo brano, ho cercato il più possibile di mantenere invariato il testo originale, e sono intervenuto cercando di dare al racconto più ritmo, più incisività - insomma più efficacia - ed eliminando alcune ridondanze e costruzioni farraginose.
TESTO ORIGINALE:
(...)
Indossiamo la tuta di volo ed entriamo nell'hangar. I velivoli di
classe San Giorgio sono degli insetti semi-addormentati protetti da
una corazza in composito grigio. I tecnici stanno completando i
controlli pre-volo: staccano la manichetta del plasma, chiudono i
portelli di accesso, collegano i loro pad alle porte informatiche del
velivolo.
-
Matteo, facciamo a gara a chi arriva prima? – propone Enrico.
-
A chi uccide per primo? – rilancio. - Così sono sicuro di vincere.
-
Sei un pallone gonfiato.
-
Dal sangue dei miei nemici.
Salgo
la scaletta del mio San Giorgio. Mi fermo un attimo per accarezzare
lo stemma sulla carlinga. Il cavaliere in armatura su un cavallo
bianco che pianta una lancia nell'occhio di un drago. Vedo Enrico
fare lo stesso. In più lui si fa il segno della croce.
Non
è una questione di religione per me, penso mentre finisco di issarmi
nell'abitacolo. La guerra che sto conducendo va oltre la religione,
oltre la civiltà .
È
una cosa personale.
Mi
sistemo il casco, faccio segno di ok e afferro i comandi del San
Giorgio.
La
realtà aumentata mi esplode davanti agli occhi e nelle mie orecchie.
Posso vedere l’hangar ricostruito dalle ottiche distribuite
sull'esterno della fusoliera, e dati di volo come strutture
tridimensionali.
La
voce dell’IA mi saluta cordiale e inizia a snocciolare gli status
interni della macchina. Il tettuccio si chiude, isolandomi dal rombo
dei macchinari e dalle voci dell’hangar.
Quando
ricevo il numero giusto di luci verdi, attivo i motori. Mi collego
con Enrico.
-
Pronto? - mi chiede il collega.
-
Sono nato pronto. Per uccidere.
-
Al mio via, allora.
Tre
Attivo
una minuscola app: compare la foto di Nora e di nostra figlia,
Susanna.
Due
Che
ora non ci sono più.
Uno
Chiudo
gli occhi e trattengo le lacrime.
Via
Io
e Enrico decolliamo in verticale nello stesso momento. Passiamo oltre
le aperture sul tetto dell’hangar e saliamo di cento metri sopra le
strutture della Base Aeronautica di Sigonella. Distanza di sicurezza
minima per attivare i propulsori principali.
Schizziamo
nella notte sorvolando la Sicilia: baraccopoli senza luci e senza
colori, distese senza vegetazione, discariche a cielo aperto,
ciminiere fumanti, strutture industriali, roghi di vegetazione. (...)
TESTO EDITATO:
(...) Indossiamo la tuta di
volo ed entriamo nell'hangar. I velivoli di classe San Giorgio sono
insetti semi-addormentati protetti da una corazza in composito
grigio. I tecnici stanno completando i controlli pre-volo: staccano
la manichetta del plasma, chiudono i portelli di accesso,
collegano i loro pad alle porte informatiche del velivolo.
- Facciamo a gara a chi
arriva prima – sfida Enrico.
- A chi uccide per primo
– rilancio - così sono sicuro di vincere.
Salgo la scaletta del mio
San Giorgio. Mi fermo ad accarezzare lo stemma sulla carlinga. Il
guerriero in armatura e destriero bianco che conficca una lancia
nella gola di un drago.
Enrico si
fa il segno della croce.
Non è una questione di
religione, per me. La guerra che sto combattendo va oltre la
religione, oltre la civiltà : è una cosa personale.
Mi sistemo il casco,
faccio segno di ok e stringo i comandi.
La realtà aumentata mi
esplode davanti agli occhi e nelle orecchie. Vedo l'hangar
ricostruito dalle ottiche distribuite sull'esterno della fusoliera, i
dati di volo come strutture tridimensionali. La voce dell'IA mi
saluta cordialmente, e snocciola gli
status interni della macchina. Il tettuccio si chiude, isolandomi dal
rombo dei macchinari e le voci nell'hangar.
Quando
le spie si accendono di verde, attivo i motori. Mi collego con
Enrico.
- Pronto? - mi chiede il
collega.
- Sono nato per uccidere.
- Al mio via, allora.
Tre.
Attivo
una minuscola app: in un angolo del mio HUD compare la foto di Nora e
nostra figlia Susanna.
Due.
Che ora non ci sono più.
Uno.
Chiudo gli occhi,
trattengo le lacrime.
Via.
Decolliamo in verticale
nello stesso momento. Sorpassiamo le aperture sul tetto dell'hangar e
saliamo di cento metri sopra le strutture della base aeronautica di
Sigonella. Distanza di sicurezza minima per attivare i propulsori
principali. Schizziamo nella notte sorvolando la Sicilia: baraccopoli
incolori, buie, distese aride, discariche a cielo aperto, ciminiere
fumanti, strutture industriali e roghi di foreste. (...)