Recensione di Andrea Viscusi dal blog Unknown to Millions
(...) Cambiando radicalmente genere e autore, ho recuperato solo il mese scorso un romanzo di Alessandro Forlani, uscito alcuni anni fa e di recente ripubblicato in edizione digitale. Il Grande Avvilente - Tristano è un fantasy che segue le gesta di Tristano, un Grande Avvilente del Regno. Il Regno è il regime al potere nel mondo descritto, apparentemente in forze dall'inizio dei tempi, che controlla il popolo senza bisogno di oppressione, soltanto con l'avvilimento. Il Regno non usa la forza, non ha nemmeno un esercito: si limita a scoraggiare, deludere, impedire ogni guizzo di immaginazione, ogni ambizione, ogni desiderio che vada oltre il lavoro della giornata. Il Regno ascolta tutto, ma risponde in un solo modo: no, non si può. Per il Regno tutto è indifferente. I Grandi Avvilenti sono i suoi ispettori, incaricati di coprire il territorio e applicare la cinica politica di disillusione. Conosciamo Tristano mentre fa irruzione in una casa, aiutato dal suo uomonero Otre (una sorta di orco), per umiliare una ragazza madre che ha avuto l'aspirazione di maritarsi con un giovanotto: no, non si può. Perché sperare? Perché affannarsi a cercare una vita migliore? Non cambierebbe nulla, è indifferente. Ma qualcosa inizia a scricchiolare nel Regno, quando in una successiva missione Tristano si trova davanti a un villaggio animato da un Eroe, un condottiero che la gente sembra voler seguire fino anche alla morte. Dopo la terribile scoperta, Tristano e i suoi compagni viaggiano fino al cuore del Regno, dall'Autorità , per avvertire della minaccia che incombe. Tutto questo di per sé è già notevole, e fa di Tristano una storia davvero incisiva, di estrema attualità , ma la forza di questo romanzo non si esaurisce qui. Forlani dimostra sempre un gusto barocco nel suo linguaggio (ad esempio anche in Eleanor Cole delle Galassie Orientali), ma qui va anche oltre. Tutto il libro è scritto con estrema musicalità , con frasi cadenzate, tanto che procedendo nella lettura sembra quasi di leggere un poema in versi, una sorta di Orlando Furioso. Questo stile ricercato ed efficacissimo non è solo un orpello, ma si dimostra anche funzionale alla trama, rendendo l'immagine (o il suono?) di una società decadente, in cui gli Avvilenti devono mantenere le scarpe lucide e la gorgiera a posto, e gli uominineri devono mangiare come porci al trogolo, anche se preferirebbero usare posate e tovaglioli. Perché anche il potere del Regno, alla fine dei conti, è solo apparenza, e la lingua contribuisce a mantenerla tale (e si torna imprevedibilmente al tema centrale di Embassytown). Voto: 8.5/10